Riforma della Giustizia approvata dal Cdm

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Riforma della Giustizia approvata dal Cdm
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Riforma della Giustizia approvata dal Cdm

Mercoledì 28 settembre il Consiglio dei Ministri ha dato il suo voto favorevole, all’unanimità, ai decreti delegati della riforma della giustizia, la cosiddetta “Riforma Cartabia”. Dopo il parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti, dunque, è arrivato il via libero definitivo per i decreti che interessano sia il settore civile che quello penale. In particolare, i tre pilastri della riforma riguardano il nuovo ufficio del processo, la revisione del processo civile e la riscrittura di quello penale.

Nel dettaglio i tre decreti riguardano: le norme sull’ufficio per il processo in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, e della legge 27 settembre 2021, n. 134; l’attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari. Infine, per quanto riguarda il settore civile, l’attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata.

All’interno di uno dei gruppi di lavoro, che hanno elaborato negli scorsi mesi gli schemi del decreto legislativo per la riforma del settore civile, era presente anche l’Avvocato Paola Moreschini, vicepresidente dell’Osservatorio sui Conflitti e sulla Conciliazione che ha portato nei lavori del gruppo la sensibilità e l’attenzione ai temi cari all’Osservatorio: la specificità dell controversie con la PA, la tutela degli utenti dei servizi pubblici, il rapporto tra mediazione e procedimenti ADR gestiti dalle autorità indipendenti, la conciliazione civica ed anche l’estensione del patrocinio a spese dello Stato ai procedimenti di mediazione e di negoziazione assistita.

In tal senso alcune modifiche – come all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010 – con l’aggiunta di un riferimento esplicito alla “conciliazione” sono state poste in essere al fine di armonizzare la disciplina vigente con l’evoluzione delle carte dei servizi che tende ad ampliare gli strumenti di tutela per gli utenti in caso di violazione degli standard di qualità garantiti, includendo il procedimento di conciliazione oltre alle procedure di reclamo.

Un sostanziale e fondamentale contributo, poi, dopo l’espressa previsione dell’obbligo per le PA di partecipare ai procedimenti di mediazione, è stato dato in merito alle modifiche apportate alla legge n.20/ 1994 con riferimento alla responsabilità contabile dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche che concludono un accordo di conciliazione in mediazione o in giudizio nei soli casi di dolo e colpa grave, definita quest’ultima come “negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”. Infatti, per quanto riguarda il principio di delega che si ricollega al potere transattivo della pubblica amministrazione e che fa espresso riferimento all’accordo di conciliazione che può essere raggiunto dai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche – è stato modificato l’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, che disciplina l’azione di responsabilità per tutti i soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, ed è stata aggiunta una disposizione che espressamente garantisce al funzionario che partecipa ad un procedimento di mediazione la possibilità di raggiungere un accordo conciliativo senza il timore di incorrere nella responsabilità contabile.

Si tratta di una modifica normativa che tiene conto di recenti interpretazioni giurisprudenziali delle norme sulla responsabilità contabile che valutano favorevolmente le delibere dell’amministrazione che autorizzano gli accordi transattivi in materia di diritti disponibili, una volta accertata la ragionevole proporzionalità tra costi e benefici, che servano ad evitare oppure a definire una controversia. Una norma invocata da tempo per favorire la conciliazione delle controversie nelle quali è parte la PA e che si ricollega alle riflessioni alle quali l’Osservatorio ha dedicato le quattro Officine sulla conciliazione svoltesi del corso dell’anno 2019.

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