P.A. e mediazione. Intervista ad Andrea Magnanelli, avvocato dirigente di Roma Capitale

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P.A. e mediazione. Intervista ad Andrea Magnanelli, avvocato dirigente di Roma Capitale
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P.A. e mediazione. Intervista ad Andrea Magnanelli, avvocato dirigente di Roma Capitale

La qualità dei servizi pubblici nell’ambito della mediazione, in particolare nel mondo della Pubblica Amministrazione, è stato il focus dell’intervento dell’avvocato Andrea Magnanelli, Avvocato Dirigente di Roma Capitale, durante la presentazione del Rapporto 2021 sui Conflitti e sulla Conciliazione, che si è tenuta lo scorso 17 aprile nella Sala del Carroccio del Campidoglio, a Roma. Proprio sul Rapporto, del quale Magnanelli è uno degli autori, abbiamo intervistato l’avvocato.

 

Avvocato Magnanelli, quali sono i punti più importanti che sono emersi durante l’evento dello scorso 17 aprile e secondo lei più meritevoli di attenzione in tema di Conflitti e Conciliazione?

«Il convegno che si è tenuto lo scorso 17 aprile nella prestigiosa Sala del Carroccio, in Campidoglio, è stata l’occasione per fare il punto della situazione in tema di media-conciliazione anche grazie alla presentazione del Rapporto 2021 sui conflitti e sulla conciliazione. Si tratta di passaggi fondamentali perché danno il polso della situazione. Nel mio intervento ho evidenziato come i dati forniti dal Ministero della Giustizia ci dicano che l’accesso alla mediazione nel decennio 2011-2021 è più che raddoppiato, passando da poco più di 60 mila ad oltre 167 mila. Sono dati incoraggianti ma ancora lontanissimi dai numeri del contenzioso civile che nel 2021 superava i 3 milioni di processi. Questo ci dice che si sta andando nella direzione giusta ma anche che occorre fare molto di più. Si tratta di una scommessa che incide direttamente sulla vita degli associati se si pensa, ad esempio, al contenzioso legato ai pretesi errori sanitari che, secondo quanto emerso nel corso del convegno, è destinato per il 95% ad esaurirsi senza esito. La gran mole di cause che ogni anno vengono azionate nei confronti di medici e strutture, però, hanno un enorme costo in termini di tutela legale, spese assicurative, ecc., nonché una serie di “costi” sociali non economici non meno rilevanti quali, ad esempio, il ricorso alla c.d. medicina difensiva o, ancor peggio, alla fuga all’estero del nostro personale sanitario la cui qualità professionale è fra le più alte al mondo. Il ricorso a strumenti di conciliazione per risolvere le controversie legali diventa, allora, non solo un espediente per risparmiare tempo e denaro, ma soprattutto per migliorare il benessere sociale».

Lei è Avvocato Dirigente in una pubblica amministrazione come Roma Capitale. In tale ambito quali sono gli aspetti più importanti per quanto riguarda il mondo della Mediazione?

«Roma capitale è un ente estremamente complesso, sicuramente un o dei più grandi enti pubblici italiani e sicuramente quello più difficile da amministrare perché chiamato ad erogare servizi direttamente ai cittadini. Le recenti riforme sulle funzioni degli enti locali che hanno alla base il principio di sussidiarietà, ormai entrato anche in Costituzione, non hanno fatto che aumentare le competenze comunali. Tutto questo genera un contenzioso che assume un rilievo sempre più ampio (parliamo di circa 8.000 nuove cause all’anno) non solo dal punto di vista numerico: si tratta spesso di vicende che attengono alla vita dei cittadini, alla loro assistenza, all’organizzazione del territorio, della città, delle aperture e chiusure di negozi, uffici ecc. Si entra nella vita concreta di cittadini e anche di chi, pur non cittadino, si trova a Roma per lavoro, turismo o altro. In una situazione simile, poter risolvere attraverso gli strumenti alternativi alla giurisdizione le controversie, non è più solo una questione economica o di risparmio di tempo. Diventa qualcosa che attiene allo stesso benessere di vita di chi vive o comunque si trova a Roma. Un ente pubblico deve dare risposte rapide ed efficienti ai propri amministrati: snellire il contenzioso ed accelerare la risoluzione delle controversie è un modo per rispondere alle nuove esigenze di chi vorrebbe poter confidare in un’amministrazione vicina e attenta. Contemporaneamente questo servirebbe anche a rendere più efficace ed efficiente l’attività della macchina amministrativa, con grande vantaggio anche per chi lavora all’interno di Roma capitale. Ritengo necessario, per incentivare il ricorso agli istituti extragiudiziari di risoluzione delle controversie, che la gestione del contenzioso costituisca uno dei parametri attualmente utilizzati dall’amministrazione per valutare e premiare l’operato dei dirigenti e dei funzionari».

Nel corso della Presentazione del Rapporto 2021 si è parlato anche del futuro della mediazione, anche alla luce della cosiddetta Riforma Cartabia. In tal senso secondo lei verso quali nuove prospettive si dirige l’ambito della Mediazione?

«La riforma Cartabia ha ampliato ulteriormente l’ambito di operatività della mediazione, aumentando anche le materie in cui il tentativo di conciliazione costituisce presupposto indefettibile per promuovere un’azione davanti ad un ufficio giudiziario. Sono sicuro che questo darà nel tempo i suoi risultati. Lodevole è anche l’introduzione, all’art. 11 bis del d.lgs. n. 28/2010 di una qualche forma di tutela nei confronti dei rappresentanti delle PA che sottoscrivono un accordo di conciliazione, tesa ad evitare, o quanto meno ridurre, la c.d. paura della firma che spesso impedisce il raggiungimento di un accordo transattivo. Però mi pare ancora troppo poco: occorre fare molto di più. Bisogna, anzitutto, rendere sempre più appetibile per le parti il ricorso agli strumenti alternativi (in questo senso, ottima l’idea di poter portare in detrazione dalla dichiarazione dei redditi le spese sostenute per la mediazione, almeno in parte) riducendo il carico fiscale e aumentando gli incentivi economici. Inoltre, occorrere coinvolgere tutte le componenti dell’amministrazione della giustizia a partire dagli avvocati, per i quali la mediazione deve presentarsi come un’occasione. Contrariamente ad un diffuso luogo comune, infatti, non è affatto vero che più a lungo dura una causa più guadagna l’avvocato. Al contrario, prima si conclude una pratica e prima si può richiedere la parcella. Dunque, anche per gli avvocati il ricorso agli strumenti alternativi può essere estremamente vantaggioso. Anche per loro andrebbero pensati incentivi e sgravi fiscali. Infine, occorre fare un’intensa attività di formazione perché non c’è dubbio che uno dei freni che incontrano gli istituti alternativi è di natura culturale: siamo tutti un po’ diffidenti verso questi strumenti, preferendo spesso affidarci alle capacità e all’autorevolezza dei magistrati “togati”. Inoltre, ogni mediazione comporta necessariamente la rinuncia a qualcosa da entrambe le parti al fine di trovare un punto di incontro sul quale si fondi l’equilibrio necessario alla risoluzione del litigio. Non sempre chi ritiene di avere la ragione dalla propria parte è disposto a rinunciare anche solo a parte della pretesa. Occorre fare in modo che la rinuncia sia compensata da altri vantaggi, non necessariamente economici, come – ad esempio – in termini di tempestività».

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