Nuova iniziativa comunitaria in tema di ADR consumatori: è tempo di bilanci e di un nuovo assetto ?

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Nuova iniziativa comunitaria in tema di ADR consumatori: è tempo di bilanci e di un nuovo assetto ?
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Nuova iniziativa comunitaria in tema di ADR consumatori: è tempo di bilanci e di un nuovo assetto ?

Il contesto della nuova iniziativa comunitaria

A distanza di dieci anni dalla direttiva n. 2013/11/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (c.d. ADR consumatori), la Commissione Europea torna ad occuparsi di Alternative Dispute Resolution con tre provvedimenti:

  • proposta di modifica della Direttiva 2013/11
  • proposta di abrogazione del Regolamento 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (ODR)
  • nuova Raccomandazione sui requisiti di qualità delle ADR offerte dalle piattaforme online di beni e servizi (mercati on line).

L’iniziativa legislativa, per la proposta di modifica della direttiva e per la proposta di abolizione del Regolamento, come da procedura ordinaria, dovrà essere adottata dal Consiglio e dal Parlamento Europeo.

E’ particolarmente interessante notare che la revisione della legislazione in esame rientra nell’obiettivo politico individuato dalla Commissione di dare un “nuovo impulso alla democrazia in Europa”, ponendo al centro il cittadino in tutte le sue implicazioni anche di natura consumerista cosi come illustrato nel programma di lavoro 2023

L’esigenza di tutela effettiva, che tenga conto dello sviluppo dei mercati digitali e di quanto emerso nello scenario di pandemia e post pandemia in merito allo sviluppo di piattaforme on line e al considerevole aumento di acquisti di beni e servizi in modalità digitale, ha indotto la Commissione a ripensare all’efficacia degli strumenti di tutela per i consumatori.

In particolare, nell’ambito dei servizi di interesse generale come energia, trasporti telecomunicazioni, la cui fruibilità è cruciale per l’affermazione di diritti di cittadinanza, i consumatori sono sempre più esposti a pratiche commerciali sleali e ad una scarsa informativa precontrattuale che compromettono diritti e scelte consapevoli.

A causa delle numerose irregolarità nelle offerte (anche in merito ai contenuti delle informazioni, alla pubblicità occulta, false recensioni, mancanza di importanti informazioni precontrattuali) riscontrate durante la pandemia, le diverse Istituzioni responsabili a vario titolo della tutela dei consumatori negli Stati membri, con il sostegno della Commissione, hanno adottato una posizione comune sulla cooperazione per la tutela dei consumatori, chiedendo alle piattaforme online di adottare misure efficaci per eliminare le campagne di commercializzazione illegali. Nella stessa direzione anche la comunicazione congiunta dal titolo «Contrastare la disinformazione sul COVID-19 — Guardare ai fatti».

Il nuovo intervento normativo, pertanto, prende le mosse anche da tale contesto prevendendo di estendere la possibilità del ricorso alle ADR all’ampia gamma dei diritti dei consumatori dell’UE che potrebbero non essere esplicitamente descritti nei contratti o che si riferiscono a fasi precontrattuali.

Tenuto conto dei cambiamenti strutturali del nostro essere, nel quotidiano, cittadini digitali, la Commissione ha emanato anche una nuova Raccomandazione (2023/2211 del 17/10/2023) sui requisiti di qualità per le procedure di risoluzione delle controversie offerte dai mercati online e dalle associazioni di categoria dell’Unione.

Il nuovo pacchetto normativo, quindi, ha già uno strumento pubblicato in Gazzetta Ufficiale costituito dalla nuova Raccomandazione che muove dalla valutazione del crescente utilizzo dei mercati online definiti come “servizi di intermediazione che utilizzano un’interfaccia online che consente ai consumatori di concludere contratti a distanza con altri professionisti per la vendita di prodotti o servizi”.

Tali mercati (piattaforme di servizi e di vendita di beni, chi di noi non ha utilizzato Vinted, Booking, Subito, Glovo ecc..) possono adottare proprie procedure di risoluzione delle controversie, a volte automatizzate, che non sono disciplinate dalla direttiva 2013/11/UE; pertanto, la loro equità non può essere accertata. Al fine di garantire che i consumatori che si avvalgono di tali procedure di risoluzione delle controversie siano trattati in modo equo e con il massimo livello di diligenza professionale, si raccomanda che dette procedure seguano i criteri di qualità di cui alla direttiva 2013/11/UE.

La nuova Raccomandazione, quindi, estende i requisiti di competenza, indipendenza, imparzialità equità ed efficacia alle forme di ADR non ancora comprese dalla direttiva ADR consumatori. La Commissione raccomanda altresì, in un settore dove forse gli algoritmi predittivi dell’intelligenza artificiale applicata alla gestione dei reclami e al possibile contenzioso sono molto più diffusi di quanto comunemente immaginiamo, che “l’eventuale ricorso a procedure automatizzate per la risoluzione delle controversie sia reso pubblico e che alle parti della controversia sia riconosciuto il diritto di chiedere che l’esito della procedura sia riesaminato da una persona fisica”.

In merito alla proposta di modifica delle direttiva 2013/11 e del Regolamento 524/13, da una prima lettura dei testi proposti sembrerebbe che dopo anni di promozione di ADR, di valorizzazione dei diversi modelli, di individuazione di necessari standard qualitativi, sia arrivato il momento di “tirare le fila” e di valutare i risultati in termini di efficacia e di raggiungimento degli obiettivi analizzando anche la sostenibilità economica di tutti gli attori coinvolti (cittadini/imprese/Istituzioni nazionali e comunitarie).

 

Per orientarsi: le principali tappe dello sviluppo delle ADR in ambito consumerista.

Prima di analizzare più da vicino le proposte della Commissione è utile forse ricordare le principali tappe del cammino delle ADR in Europa nel contesto del completamento del mercato interno e della cooperazione in materia di giustizia civile.

Con la Direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 vengono stabilite norme comuni relative a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale al fine di incrementare la certezza del diritto e di incoraggiare conseguentemente il ricorso a tale modalità di composizione delle controversie.

Gli interventi precedenti in tema ADR a partire dalla fine degli anni ’90, possono essere considerati di soft law e si “limitavano” a raccomandare i principi essenziali (indipendenza, trasparenza, contraddittorio, efficacia, legalità, libertà e rappresentanza) che gli organismi di risoluzione delle controversie dovevano garantire pur nelle diversità di procedure esistenti.

Il percorso normativo europeo quindi, dopo le prime raccomandazioni del 1997 e del 2001 (relative alle procedure ADR di natura c.d. facilitativa), ed a seguito della direttiva su taluni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale 52/2008 , ha compiuto un ulteriore salto di qualità con la direttiva n. 2013/11/UE (c.d. direttiva sull’ADR per i consumatori) che – ispirata all’armonizzazione minima – riconosce l’esistenza di una pluralità di modelli, frutto dell’esperienza maturata in vari contesti giuridici.

La Direttiva del 2011 stabilisce requisiti di qualità vincolanti per gli organismi responsabili dello svolgimento delle procedure di ADR (siano essi di natura pubblica o privata) quali la trasparenza, l’indipendenza, l’equità e l’efficacia. La conformità di tali requisiti è garantita dalle autorità nazionali competenti designate dai paesi dell’UE. La direttiva obbliga inoltre i professionisti a informare i consumatori in merito agli organismi di ADR, ed all’eventuale obbligatorietà dell’accesso ai fini della esperibilità della eventuale successiva domanda giudiziale.

Il regolamento (UE) n.524/2013, anch’esso oggi oggetto di una accurata analisi costi/benefici da parte della Commissione Europea, ha previsto l’istituzione di una piattaforma ODR per fornire ai consumatori e ai professionisti un unico punto di accesso extragiudiziale per la risoluzione delle controversie online, attraverso organismi ADR collegati alla piattaforma (Gli utenti della piattaforma sono assistiti da una rete di punti di contatto ODR che forniscono informazioni e assistenza in particolare sull’uso della piattaforma sugli organismi, sui diritti dei consumatori e su altri mezzi di ricorso. Ogni Stato membro designa un punto di contatto ODR).

La portata innovativa del pacchetto ADR/ODR è consistita quindi nel fornire una disciplina organica, non più soltanto con riferimento ai principi che devono regolare il funzionamento delle procedure, bensì anche con riguardo alla conoscibilità dei sistemi ADR e alla loro omogeneità fra i vari Stati membri. In quest’ottica, pertanto, sono state dettagliate complesse disposizioni riguardanti le “Informazione e cooperazione” e al “Monitoraggio degli organismi ADR”.

Gli stati membri hanno quindi l’obbligo di fornire meccanismi per la risoluzione extragiudiziale delle controversie dei consumatori in diversi settori che soddisfino gli standard di qualità previsti.

Con un certo entusiasmo vi è stata la trasposizione in tutti gli Stati Membri tra fine 2015 e inizio 2017; per quanto riguarda l’Italia la direttiva sull’ ADR per i consumatori, è stata attuata con d.lgs. 6 agosto 2015, n.130, il quale ha modificato e integrato il codice del consumo- d.lgs. del 6 settembre 2005, n. 206 – attraverso l’introduzione del Titolo II-bis specificamente dedicato alla risoluzione extragiudiziale delle controversie.

Ebbene, questo articolato sistema ha lasciato dei vuoti (tra questi vuoti per materia e settori di competenza) e probabilmente non ha retto alla prova della efficacia e della sostenibilità economica dell’intero sistema di ADR.

 

I deludenti dati quantitativi delle ADR e della piattaforma ODR.

La direttiva ( 2013/11/UE) ha consolidato e integrato l’ADR per i consumatori negli Stati membri e ne ha migliorato la qualità. Negli Stati membri in cui l’ADR esisteva già, la direttiva ha innescato un riesame dell’efficacia delle precedenti strutture ADR, completandole e aggiornandole in maniera da garantire la piena copertura e i requisiti di qualità previsti dalla direttiva. Gli organismi preesistenti di risoluzione delle controversie dei consumatori che desideravano essere certificati come organismi ADR sono stati invitati a rivedere la loro organizzazione, le loro procedure e i loro processi di gestione dei casi. Gli organi di risoluzione delle controversie hanno migliorato i loro siti web, adattato la loro organizzazione e le loro procedure oppure modificato la struttura di governance. Nel complesso, la trasparenza degli organismi ADR e delle loro procedure è considerevolmente aumentata” ( COM(2019) 425 ).

Nonostante questi pur importanti traguardi, dal “Quadro di valutazione delle condizioni dei consumatori” del 2019 emergeva che nel 2018 il 22 % dei consumatori riferiva di aver riscontrato un problema negli ultimi 12 mesi durante l’acquisto di beni o servizi da un operatore nel proprio paese, per il quale ritenevano vi fosse un motivo legittimo per presentare un reclamo.

Rispetto a tali problemi riscontrati, nel 22,5 % dei casi il consumatore non si è lamentato (pur avendo avuto la sensazione che sarebbe stato legittimo farlo).

I motivi principali per i quali non è stata intrapresa alcuna azione sono stati i seguenti: troppo tempo per la gestione di una ADR (42,8 %), somme in gioco troppo modeste (39,7 %), sfiducia del consumatore in una soluzione soddisfacente (36,6 %). Una percentuale significativa di consumatori ha dichiarato di nutrire incertezze circa i propri diritti (21,1 %) o di non sapere dove o come presentare il reclamo (20,1 %). Coloro che hanno riscontrato problemi si sono lamentati principalmente con il rivenditore o il fornitore di servizi (67,5 %). Pochi hanno sottoposto la questione a un’autorità pubblica (5,2 %) o a un organo di risoluzione alternativa delle controversie (5 %) e ancora meno hanno deciso di adire un tribunale (1,9 %).

Inoltre, è da riscontrare che, sebbene la metà dei rivenditori/operatori economici (51,4 %) abbia indicato di essere a conoscenza di meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie, soltanto il 30,4 % partecipa a tali sistemi.

Ed ancora più recentemente la situazione non cambia di molto. Secondo il Cosumer scoreboard 2023, un quarto dei consumatori ha riscontrato un problema degno di reclamo, ma un terzo di loro non ha agito a causa dei lunghi tempi della procedura, degli importi ridotti o della scarsa fiducia in una soluzione soddisfacente al problema. Ciò si traduce in sole 300.000 controversie ammissibili all’anno nell’UE.

Per quanto riguarda la piattaforma ODR, che opera dal 2016, pur rappresentando uno dei siti più visitati della Commissione Europea (2,5 milioni di visite nel 2022) è stato rilevato che meno dell’1% dei visitatori utilizza effettivamente il modulo di reclamo. La piattaforma ha comunque accumulato 180mila reclami dal suo lancio nel 2016 e solo l’1% circa dei reclami ha avuto un seguito con accesso ad una procedura di ADR. Da un’analisi complessiva del flusso dei dati analizzati dalla Commissione, risulta che la piattaforma ODR, nonostante progressivi interventi per semplificarne il funzionamento e numerose campagne informative, consente di fatto di trattare in media solo 200 casi all’anno in tutta l’UE.

 

Abolizione piattaforma ODR.

La piattaforma ODR non ha ottenuto quindi i risultati attesi. La Commissione Europea ha valutato che il regolamento n.524/2013 e la piattaforma ODR sono stati concepiti in un momento in cui i mercati digitali erano ancora in via di sviluppo.

La rapida evoluzione dei sistemi di gestione dei reclami online, nei mercati digitali, ha probabilmente costituito uno dei principali canali di risoluzione delle controversie per le PMI che vendono online, rendendo ridondante la piattaforma ODR.

ll mantenimento della piattaforma ODR crea costi significativi per la Commissione Europea, per gli Stati membri che devono mantenere la rete dei consulenti ODR e per le imprese e gli organismi di ADR che devono mantenere il collegamento alla piattaforma e monitorare i potenziali reclami dei consumatori anche per quei casi che vedono la non partecipazione dei trader a forme di risoluzione extragiudiziali delle controversie.

La Commissione stima che l’interruzione della piattaforma ODR farebbe risparmiare circa 500.000 euro all’anno, ovvero 4,4 milioni di euro in 10 anni.

L’uso limitato ed i costi della piattaforma giustificano la sua interruzione e pertanto la Commissione propone, dopo aver comunque avviato una articolata fase di consultazione con gli stakeholder, l’abrogazione del Regolamento e l’interruzione del funzionamento della piattaforma ODR.

Sebbene alcune parti interessate abbiano inizialmente proposto di migliorare la piattaforma ODR invece di interromperla, si è tuttavia convenuto che alla luce dei dati presentati dalla Commissione fosse più utile reinvestire risorse per facilitare la conoscenza e l’utilizzo delle diverse forme di ADR garantendo un “accompagnamento” soprattutto diretto ai consumatori più vulnerabili da un punto di vista digitale.

Riguardo quindi l’ADR transfrontaliera la Commissione propone di conferire ai Centri europei dei consumatori (ECC), fino ad oggi direttamente coinvolti nel funzionamento della piattaforma ODR, un nuovo ruolo di supporto nell’assistere e guidare i consumatori nelle controversie transfrontaliere perseguendo nel contempo gli obiettivi posti dal programma REFIT (Legiferare meglio): fare in modo che le leggi dell’UE producano benefici per i cittadini e le imprese, semplificando le leggi dell’UE in vigore riducendo la burocrazia e gli oneri connessi.

 

Le principali proposte di emendamento alla direttiva “ADR consumatori” e prime valutazioni generali.

 Pur confermando il principio di armonizzazione minima, nel rispetto delle diverse culture giuridiche in tema di accesso alla giustizia, la Commissione con il tenore delle modifiche proposte di fatto spinge l’acceleratore verso una maggiore omogeneità e utilizzo degli strumenti di ADR, ad esempio, in tema della obbligatorietà della risposta alla chiamata in conciliazione/mediazione e sulla introduzione di ADR collettive strettamente collegata al tema della estensione per materia.

Ad essere oggetto di precise modifiche sono: l’art 2 (ambito di applicazione) Art 4 (definizioni) art 5 (Accesso agli organismi e alle procedure ADR) art 7 (Principio di trasparenza) art 13 (Informazione del consumatore da parte dei professionisti) art 14 (assistenza ai consumatori) Art 19 (Informazioni da trasmettere alle autorità competenti da parte degli organismi di risoluzione delle controversie) Art 20 (Ruolo delle autorità competenti e della Commissione) Art 24 (Comunicazioni).

Gli interventi e le considerazioni del Parlamento e del Consiglio potranno essere molteplici e offrire ancora molti spunti di riflessione sull’intero assetto ADR. Al momento, tuttavia, può essere utile sottolineare gli assi portanti del nuovo disegno proposto dalla Commissione sulla modifica alla direttiva ADR.

L’emendamento all’art 2 prevede un allargamento notevole del campo di applicazione della direttiva. Superando i confini di applicazione della attuale direttiva limitata alle controversie derivanti da obblighi contrattuali per la vendita di beni o servizi, si propone di applicare la direttiva alle questioni anche precontrattuali attinenti pratiche commerciali scorrette, informazioni precontrattuali obbligatorie, ed ancora alle pratiche geo-blocking non giustificate, accesso ai servizi e alle consegne, non conformità di prodotti, contenuti digitali, diritto di cambiare fornitore, diritti dei passeggeri e dei viaggiatori.

L’emendamento prevede inoltre espressamente che gli Stati membri possano applicare le procedure ADR previste dalla direttiva anche a categorie di controversie diverse da quelle elencate.

In sostanza potenzialmente non vi sarebbe alcun limite alla possibilità da parte di un consumatore di adire una procedura ADR certificata secondo i criteri già stabiliti dalla 2013/11, e si recupera attraverso lo strumento delle ADR, una visione unitaria della tutela del consumatore il cui agire è descritto in una miriade di discipline settoriali.

L’elemento, pertanto, dell’accesso alle procedure di risoluzione delle controversie restituisce una omogeneità, sotto il profilo della tutela, al caleidoscopico universo dei diritto dei consumatori, con la conseguenza auspicabile di una “armonizzazione” delle procedure ADR ancora molto diverse dal punto di vista procedurale. Si pensi, tanto per fare esempi nostrani, a quanto diversa sia la procedura obbligatoria di conciliazione nel settore delle telecomunicazioni da quella del settore energetico.

In entrambi i settori è prevista l’obbligatorietà di un reclamo da parte del consumatore con precisi standard di qualità nelle tempistiche di risposta degli operatori, in entrambi i settori è prevista una procedura on line di accesso ad una ADR che tuttavia è profondamente diversa nonostante l’obbligatorietà del tentativo previsto per adire la successiva eventuale fase giudiziale.

Nel primo caso è prevista una possibilità di negoziazione diretta tra le parti senza l’ausilio di un conciliatore, si può avviare in caso di insuccesso della fase di negoziazione diretta un secondo step attivando una conciliazione in forma semplificata tramite uno scambio non simultaneo di comunicazioni tra le Parti ed il Conciliatore; ed ancora sempre nell’ambito della stessa ADR è possibile richiedere una fase decisoria con l’intervento sul caso specifico dell’Autorità di Regolazione competente (AGCOM). Ne consegue che anche il valore giuridico del verbale di accordo, all’interno della stessa procedura, può avere un valore giuridico diverso (da accordo transattivo a titolo esecutivo) a seconda della fase in cui di fatto la controversia trova una sua risoluzione.

Nel settore dell’energia (acqua, luce, gas, telecalore) al reclamo obbligatorio segue una domanda di conciliazione sempre su (diversa) piattaforma on line senza step intermedi e senza la possibilità (al momento) di adire l’autorità competente, ARERA, per eventuale fase decisoria. Porterebbe lontano dal focus che si vuole proporre in questa sede descrivere la genesi e le ragioni delle diverse procedure; quello che si vuole sottolineare è che ponendosi dal punto di vista del consumatore, la risoluzione di una controversia tutto sommato “analoga” come può essere una problematica di cambio fornitore o di una voltura di utenza (sia essa di gas o tlc) aldilà della inevitabile diversa disciplina regolatoria trova oggi possibilità di risoluzione con strumenti apparentemente omogenei ma significativamente diversi per procedure.

Ancora diversa, seppur con delle analogie con la conciliazione della telefonia (in entrambi i casi è previsto l’utilizzo della piattaforma Conciliaweb) è la conciliazione prevista dall’ART (Autorità di Regolazione Trasporti) che prevede, in via residuale, la possibilità di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Servizio conciliazioni ART esclusivamente qualora, per la medesima controversia, non sia disponibile una procedura non onerosa per l’utente dinanzi ad organismi ADR, inclusi gli organismi di negoziazione paritetica, iscritti nell’elenco di cui all’articolo 141-decies, comma 1, del Codice del consumo.

La varietà delle procedure che in ambito di avvio e promozione delle ADR possono aver rappresentato anche una ricchezza, diventano tuttavia un ostacolo all’effettivo utilizzo da parte del consumatore chiamato ad orientarsi in una galassia procedurale anche significativamente articolata e disomogenea.

Restando sempre all’esperienza ADR italiana che in ambito consumerista è abbastanza sviluppata e apprezzata, non si può non considerare che l’armonizzazione delle procedure di ADR (a partire forse dai settori regolamentati) diventa inevitabile se si vuole raggiungere l’obiettivo della semplificazione in un contesto talmente vasto da comprendere anche fasi precontrattuali e distorsioni derivanti dalle pratiche commerciali scorrette.

Si consideri infatti che estendendo l’ambito di applicabilità anche a controversie scaturenti da pratiche commerciali scorrette ci si riferisce a qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità diffusa con ogni mezzo e il marketing, che un professionista pone in essere in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi ai consumatori, che sia in contrasto con il principio della diligenza professionale idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio.

Tale estensione, oltre che sulle procedure di ADR, potrebbe avere un impatto anche sui soggetti eventualmente coinvolti considerando ad esempio le specifiche competenze in materia spettanti all’Antitrust?

L’ampliamento delle ADR non attiene solo alle materie ma anche alla geografia, con l’emendamento all’art 4 infatti si propone una nuova definizione di “controversia transfrontaliera” ricoprendo anche i casi in cui il professionista è stabilito al di fuori dell’Unione con l’intento di ricoprire proprio tutte le controversie relative ai principali diritti dei consumatori.

Con riferimento alla modifica dell’ art 5 (Accesso agli organismi e alle procedure ADR) la proposta della Commissione intende tutelare i consumatori con limitate competenze di alfabetizzazione digitale. In particolare, l’articolo 5 prevede la possibilità su richiesta per i consumatori vulnerabili di inviare e accedere a documenti in formato non digitale. Più in generale si accentua la necessità per i consumatori vulnerabili di avere un facile accesso alle procedure ADR mediante strumenti inclusivi. In tale direzione la proposta di modifica prevedere di riconoscere il diritto alle parti della controversia di chiedere che l’esito della procedura ADR sia rivisto da una persona fisica quando la procedura è stata condotta con piattaforme on line (con fasi automatizzate) di gestione delle ADR.

Sempre la proposta di emendamento dell’art 5 contiene alcune tra le novità più “d’impatto” e forse più dibattute anche in fase di consultazione degli stakeholders.

In particolare, l’art 5, paragrafo 2, lettera d), rafforza la possibilità già esistente in alcuni Stati membri per gli organismi ADR di raggruppare casi simili contro un professionista specifico al fine di ottimizzare tempo e risorse dando tuttavia ai consumatori interessati il diritto di opporsi a tale raggruppamento. Una sorta di “ADR di classe/collettiva” che può essere disciplinata in modalità diverse a seconda dei sistemi giuridici di riferimento e sempre nell’ottica di una armonizzazione minima.

Situazioni omogenee che coinvolgono una grande quantità di consumatori sono abbastanza frequenti nei settori già oggi sottoposti a tentativo obbligatorio di conciliazione. Si pensi a contestazioni per invio massivo di comunicazioni di modifiche unilaterali dei contratti o risoluzioni contrattuali intervenute in conseguenza della recente crisi energetica, anomalie a sistemi di fatturazione e altro ancora. Lavorare sulla possibilità di riunificazione di domande di conciliazioni scaturenti da medesimo disservizio potrebbe senz’altro portare ad una più rapida gestione delle conciliazioni, sia lato Organismo che operatori, trovando tuttavia il modo di garantire la riservatezza anche nell’ambito di una “procedura di conciliazione collettiva” e di salvaguardare comunque il diritto del consumatore di opporsi a tale gestione della controversia senza pertanto pregiudicare il diritto alla gestione singola della controversia.

L’articolo 5, paragrafo 8, introduce l’obbligo di risposta a carico dei professionisti con l’obiettivo di incentivarli a partecipare maggiormente all’ADR. Sebbene non siano obbligati a partecipare all’ADR, salvo specifica disposizione della normativa nazionale o della normativa comunitaria specifica di settore, si propone che essi siano obbligati a rispondere ad una richiesta di un organismo ADR, entro un termine non superiore a 20 giorni lavorativi, indicando se intendono partecipare o meno a una procedura.

Tale previsione è significativa soprattutto per gli Stati che non hanno introdotto il tentativo obbligatorio di conciliazione (in Italia invece sempre più diffuso anche in contesti non esclusivamente consumeristici) imponendo di fatto agli operatori economici di valutare seriamente la possibilità di gestire il contenzioso tramite ADR. Sarebbe interessante capire meglio se oltre alle tempistiche (20 giorni) si pensa ad un obbligo di risposta motivato, che potrebbe ad esempio portare a possibili soluzioni transattive in uno spazio addirittura precedente alla vera e propria procedura di ADR.

Gli emendamenti all’art 7 alleggeriscono gli obblighi di comunicazione in capo agli organismi di ADR con particolare riferimento al sistema di rendicontazione delle attività ritenute eccessivamente dispendiose e ridondanti.

Il quadro generale delle proposte dovrebbe portare quindi ad alcuni obiettivi specifici:

  • ampliare l’ambito geografico e di competenze per materia della Direttiva ADR
  • aumentare la partecipazione dei professionisti all’ADR
  • introdurre tutele per i consumatori vulnerabili privi di competenze digitali sostenendo le reti di assistenza dei consumatori e garantendo specifiche garanzie in caso di procedure di gestione reclami o procedure automatizzate
  • alleggerire gli obblighi informativi e di comunicazione (anche nei confronti del consumatore) nell’ottica di una ottimizzazione delle risorse economiche e della semplificazione dell’intero sistema ADR
  • semplificare la gestione delle casistiche omogenee o seriali mediante la previsione di ADR collettive.

Secondo la valutazione d’impatto effettuata dalla Commissione, l’estensione dell’ambito di applicazione previsto dalla proposta di direttiva potrebbe portare a 100.000 nuove controversie ammissibili. Inoltre, imporre alle aziende di rispondere ad una richiesta di gestione in ADR del contenzioso può ulteriormente aumentare il numero delle controversie.

Le modifiche proposte, soprattutto in ordine all’estensione generalizzata per materia propongono una visione più ampia delle ADR e del diritto dei consumi in generale.

Si pensi ad esempio a quanto afferma la Commissione nella Relazione illustrativa: “La possibilità di ottenere un risarcimento contro il greenwashing- grazie all’allargamento del campo di applicazione anche a fasi precontrattuali e informative non veritiere – attraverso l’ADR rafforzerebbe gli sforzi delle autorità pubbliche di tutela dei consumatori e contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi della strategia europea del Green Deal”.

La chiave di lettura quindi per garantire un nuovo slancio alle ADR di consumo potrebbe stare proprio nella visione più ampia riconosciuta all’effettivo esercizio dei diritti dei cittadini consumatori. Ciò è particolarmente rilevante nel mercato dei servizi di interesse generale perché consente di collegare la tutela del singolo all’interesse generale. Pratiche scorrette, informazioni non veritiere, compromettono non solo il diritto del singolo (che probabilmente non troverebbe in altra sede adeguata tutela per costi, complessità procedurali ed effettiva copertura giurisdizionale per tutto quanto attiene a fasi precontrattuali) ma anche obiettivi generali come nell’esempio riportato dalla Commissione riguardo informazioni non veritiere in ordine a requisiti ambientali e al greenwashing.

Inoltre una più diffusa pratica di ADR, anche collettive, nei mercati regolati potrebbe contribuire a fornire una “base empirica” di riferimento per le decisioni regolatorie sempre più coerenti con l’evoluzione dei diritti e con gli obiettivi strategici prefissati dai decisori delle politiche pubbliche.

Molto più quindi della minimalista ed arcaica visione di chi (ancora) vede nelle ADR semplici strumenti deflattivi del giudizio.

 

A cura di Liliana Ciccarelli, Avvocato consumerista, mediatore civile e commerciale

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