Mediazione come condizione di procedibilità. Controlli nel processo

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Mediazione come condizione di procedibilità. Controlli nel processo
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Mediazione come condizione di procedibilità. Controlli nel processo

“Mediazione come condizione di procedibilità. Controlli nel processo” è stato il tema affrontato dalla professoressa Silvana Dalla Bontà, docente associato di Diritto Processuale Civile all’Università di Trento, durante la 2a Officina della Conciliazione 2023, tenutasi lo scorso 12 luglio e organizzata dall’Osservatorio sui Conflitti e sulla Conciliazione in collaborazione con la Formazione Decentrata dalla Scuola Superiore della Magistratura.

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«Quando parliamo di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale – ha spiegato la professoressa – ne parliamo in quelle ipotesi in cui il legislatore ha stabilito e continua a stabilire, nel d.lgs 28/2010, che ci siano delle controversie in determinate materie, che il legislatore elenca, in cui prima di avviare un processo davanti al giudice statale, la parte che intende avviare quel processo è tenuta a pensare la mediazione». Conseguentemente la professoressa Dalla Bontà ha precisato che la stessa parte «è tenuta a depositare una domanda di mediazione presso un organismo di mediazione e sedersi a questo tavolo auspicabilmente con la parte chiamata in mediazione, quindi l’altra parte che vive con lei la contesa, per capire se è possibile, grazie all’ausilio del mediatore, arrivare ad una soluzione condivisa e quindi a una conciliazione. Ebbene – ha aggiunto – il legislatore ha stabilito un elenco di controversie in cui questo passaggio previo, rispetto alla via del processo, è necessario affinché la domanda giudiziale sia procedibile. Questo è l’impegno previsto dal legislatore in modo molto chiaro: quindi nel momento in cui un processo viene avviato, il giudice è tenuto a verificare che questo tentativo previo di mediazione finalizzato alla conciliazione sia stato espletato. E’ qui, quindi, che avviene la verifica da parte del giudice dell’assolvimento della condizione di procedibilità e per questo è fondamentale la connessione tra mediazione e processo».

La professoressa Dalla Bontà, nel dettaglio, si è focalizzata sulla Riforma Cartabia e le sue “anime” in ambito mediazione, dunque sull’efficienza del processo civile e sulla revisione degli strumenti alternativi alla giurisdizioni. Dopodiché ha concentrato il suo intervento sulla “Complementarità” delle mediazione stessa, sottolineando l’importanza delle condizioni di procedibilità, dell’effettività delle mediazione (gli incontri, la partecipazione delle parti e le sanzioni processuali) e del dovere di informativa e gli incentivi fiscali.

La mediazione come condizione di procedibilità, dunque il tentativo obbligatorio di mediazione, come ha spiegato la professoressa, presenta tre tipologie: «ex legge (art. 5, co I); Iussu iudicis (art. 5-quater); ex contractu (art. 5-sexies)». In particolare l’art. 5, Condizione di procedibilità e rapporti con il processo, stabilisce che «chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente capo». Per quanto riguarda, invece, l’eccezione di improcedibilità della domanda giudiziale, sempre l’art. 5 stabilisce che «nelle controversie di cui al comma 1 l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale». L’articolo 6, appunto, come ha spiegato Dalla Bontà, norma la durata, indicando che «il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza con accordo scritto delle parti. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione o dalla scadenza del termine fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi dell’articolo 5, comma 2, ovvero ai sensi dell’articolo 5-quater, comma 1, non è soggetto a sospensione feriale. Se pende il giudizio, le parti comunicano al giudice la proroga del termine di cui al comma 1».

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Per quanto riguarda i controlli nel processo, la professoressa ha distinto tre piani. Quello “Procedurale”, dunque quando e come si deve svolgere il controllo; il piano “Meritale”, ovvero quando è integrata la condizione di procedibilità e come si deve e si può verificare l’avvenuta integrazione; infine il piano “Sanzionatorio”, cioè quali conseguenze nel processo.

Il focus della professoressa Dalla Bontà si è poi spostato sul primo incontro. In tal senso è stato citato l’art. 8 che, al comma 4, specifica che «le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale», mentre il comma 6 stabilisce che «al primo incontro, il mediatore espone la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, e si adopera affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione. Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse. Del primo incontro è redatto, a cura del mediatore, verbale sottoscritto da tutti i partecipanti».

Dal primo incontro scaturiscono le conseguenze processuali dell’eventuale mancata partecipazione al procedimento di mediazione che – ha spiegato Dalla Bontà – «sono normate dall’art. 12-bis con i suoi 4 commi», ovvero: «(1) Dalla mancata partecipazione al primo incontro senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. (2) Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio. (3) Nei casi di cui al comma 2, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice, se richiesto, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione. (4) Quando provvede ai sensi del comma 2, il giudice trasmette copia del provvedimento adottato nei confronti di una delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti, e copia del provvedimento adottato nei confronti di uno dei soggetti vigilati all’autorità di vigilanza competente».

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La stessa professoressa ha poi posto ai partecipanti all’Officina tutta una serie di ipotesi sulla mancata partecipazione: il caso della mancata partecipazione tout court della futura parte attrice al 1° incontro; il caso della mancata partecipazione personale della futura parte (persona finisca) attrice al 1° incontro ma con partecipazione di un rappresentante; il caso della mancata partecipazione tout court della futura parte convenuta al 1° incontro e, infine, il caso della mancata partecipazione della futura parte (persona fisica) convenuta al 1° incontro, ma con partecipazione di un rappresentante.

Sono poi stati visti nei dettagli il processo di cognizione di primo grado secondo il ritiro ordinario (art. 163 ss. c.p.c.) come da foto sottostante:

e il procedimento semplificato di cognizione (artt. 281-decies e 281 terdecies, libro II c.p.c.) come da sotto sottostante:

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