La mediazione nella pubblica amministrazione. L’intervista al professor Stefano Ceccanti

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La mediazione nella pubblica amministrazione. L’intervista al professor Stefano Ceccanti
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La mediazione nella pubblica amministrazione. L’intervista al professor Stefano Ceccanti

La qualità dei servizi pubblici nell’ambito della mediazione è stato il focus su cui il professor Stefano Ceccanti, docente ordinario di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ha incentrato il suo intervento nel corso della presentazione del Rapporto 2021 sui Conflitti e sulla Conciliazione, che si è tenuta lo scorso 17 aprile nella Sala del Carroccio del Campidoglio, a Roma.

Proprio sul Rapporto abbiamo intervistato il professor Ceccanti.

Professore, quali sono i punti più importanti che sono emersi durante la presentazione del Rapporto dello scorso 17 aprile e che secondo lei sono più meritevoli di attenzione in tema di Conflitti e Conciliazione?

«Dal Rapporto e dalle tendenze che individua mi sembra si possano ricavare i seguenti tre insegnamenti. Innanzitutto che la qualità della vita dei cittadini è strettamente dipendente dal funzionamento dei servizi pubblici e che i conflitti tra cittadini e Pubblica Amministrazione sono inversamente proporzionali al buon funzionamento dei servizi pubblici. Maggiore è la qualità dei servizi, minore sono i conflitti sociali. Ne consegue che la soluzione dei conflitti tra cittadini e P.A. dipende dalla capacità di una Amministrazione di garantire una buona qualità dei servizi. Il secondo punto è rappresentato dal fatto che le situazioni di conflitto, di tensione e di contrapposizione sociale sono spesso connesse più in generale con l’esercizio del potere amministrativo e si manifestano nella quotidianità delle relazioni sociali. Talvolta diventano un’emergenza quando il degrado di un territorio e la cattiva amministrazione generano episodi gravi che lacerano una comunità. Il terzo insegnamento, invece, è capire che solo una Pubblica Amministrazione che ascolta e dialoga con i cittadini, con modi, tempi e strumenti anche nuovi, può essere una “buona amministrazione”, e la diffusione della cultura della conciliazione civica si lega perciò alla prevenzione della conflittualità».

Lei è professore ordinario di Diritto Pubblico Comparato. In tale ambito quali sono gli aspetti più importanti per quanto riguarda il mondo della Mediazione e quali le nuove prospettive verso cui si dirige questo mondo, anche in riferimento alla cosiddetta Riforma Cartabia?

«Il ruolo di nuove forme di conciliazione civica, come quella della creazione di una rete di conciliatori civici sul territorio in rapporto con gli enti locali (forme che vadano oltre ma si integrino con le competenze del Difensore civico) possono contribuire a creare strumenti innovativi di partecipazione e spazi di dialogo tra cittadini e amministrazioni pubbliche, al fine di trovare soluzioni ai problemi segnalati dalle comunità locali prima ancora che il conflitto si radicalizzi. Qui la comparazione utile è soprattutto con la legislazione regionale. In tal senso ci si può confrontare con una casistica della cattiva amministrazione o comunque un riferimento a possibilità di intervento al riguardo da parte di difensori civici comparando l’art. 5 della Legge Regionale della Toscana del 27 aprile 2013, n. 19 (“Disciplina del Difensore civico regionale” ndr)».

«Poi – prosegue Ceccanti – bisogna guarda la funzione istituzionale di mediazione e di ricerca, per quanto possibile, di una risoluzione consensuale delle questioni sottoposte al difensore civico. In tal senso, si possono analizzare le seguenti norme: art. 56 Statuto Regione Toscana; art. 2 della Legge Regionale della Toscana del 27 aprile 2013, n. 19; art. 6 lettera g) della Legge Regionale della Basilicata del 19 febbraio 2007, n. 5; art. 8 della Legge Regionale della Lombardia del 6 dicembre 2010 n.18; art. 2, comma 3, lettera b) Legge Regionale della Valle d’Aosta del 28 agosto 2001 n.17 (tutte leggi sul funzionamento del Difensore Civico Regionale ndr)».

«Poi bisogna guardare alla possibilità di intervento d’ufficio del difensore e non solo ad istanza di parte». Anche in questo caso lo stesso Ceccanti rimanda ad alcune normative regionali tra cui art. 7 L.R. Toscana 27.4.2013 n. 19; art. 5, lettera c) L.R. Basilicata 19.2.2007 n. 5; art. 1 quinquies commi 4 e 5 L.R. Friuli 16-5-2014 n.9; art. 61 comma 6 Statuto R. Lombardia; art. 11, commi 6 e 7 L.R. Lombardia 6.12.2010 n. 18; art. 4 L.R. Molise 14.4.2000 n. 26; art. 3 L.R. Piemonte 9.12.1981 n.50, art. 2, comma 4 L.R. Sardegna 17.1.1989 n.4; art. 3 Legge Prov. Trento 20.12.1982 n.28.

«Infine, ma non ultima per importanza – conclude Ceccanti – va fatto un riferimento alla possibilità di un’articolazione territoriale locale di una rete di difesa civica» e in questo caso le leggi da confrontare sono: art. 19 L.R. Toscana 27.4.2013 n. 19; art. 17 L.R. Lombardia 6.12.2010 n. 18; art. 4bis L.R. Piemonte 9.12.1981 n.50; art. 6 L.R. Umbria 27.11.2007 n. 30.

 

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