La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32454/2024, ha chiarito un aspetto cruciale della mediazione obbligatoria: la natura del termine assegnato dal giudice per l’avvio della procedura di mediazione. Tale questione emerge in un caso di convalida di sfratto per morosità, aprendo nuovi scenari interpretativi per il sistema giudiziario italiano.
Il Caso: Procedura di Mediazione e Improcedibilità
Nel contesto di un procedimento di sfratto per morosità, il Tribunale competente, con ordinanza del 20 aprile 2017, aveva negato la convalida dello sfratto, ordinando la conversione del rito. Contestualmente, aveva fissato un termine di 15 giorni per avviare la procedura di mediazione, pena l’improcedibilità della domanda. Nessuna delle parti aveva rispettato il termine, portando il Tribunale a dichiarare improcedibili sia la domanda principale che quella riconvenzionale.
La sentenza fu successivamente appellata. La Corte d’Appello di Napoli accolse parzialmente il ricorso incidentale, confermando che il termine assegnato per la mediazione era da ritenersi perentorio. La conseguenza fu la conferma dell’improcedibilità delle domande riconvenzionali, nonostante la mediazione fosse stata successivamente avviata e conclusa, seppur infruttuosamente, prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio.
Il Ricorso in Cassazione
Il convenuto, non soddisfatto della decisione d’appello, si rivolse alla Corte di Cassazione, contestando l’interpretazione della natura del termine assegnato per l’avvio della mediazione. In particolare, sosteneva che:
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo erronee le conclusioni del Tribunale e della Corte d’Appello. Nel pronunciarsi, ha fatto riferimento a un consolidato principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 3452/2024, secondo cui:
“La mediazione obbligatoria ex art. 5 del d.lgs. 28/2010, quale condizione di procedibilità finalizzata al raggiungimento di una soluzione conciliativa, è applicabile esclusivamente all’atto introduttivo del giudizio e non anche alle domande riconvenzionali.”
Inoltre, la Corte ha evidenziato che la finalità della norma è favorire gli accordi conciliativi, evitando però che il mancato rispetto formale dei termini conduca automaticamente all’improcedibilità. Ciò che conta, ai fini della ratio legis, è che la mediazione si concluda (anche infruttuosamente) prima che il giudizio riprenda il suo corso.
Le Implicazioni del Caso
Nel caso specifico, il convenuto aveva avviato la mediazione oltre il termine di 15 giorni, ma questa si era comunque conclusa con esito negativo tre mesi prima dell’udienza successiva. Pertanto, la Corte ha stabilito che:
Principio di Diritto
La Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “La circostanza che la mediazione imposta dalla legge a pena di improcedibilità della domanda sia iniziata oltre il termine di 15 giorni fissato dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 1, quarto periodo, d.lgs. 28/2010 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 149/2022), non rende improcedibile la domanda, se la mediazione si sia comunque infruttuosamente conclusa prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio.”
Questa decisione, dunque, rappresenta un importante chiarimento sulla natura non perentoria del termine fissato dal giudice per l’avvio della mediazione. Essa ribadisce che l’obiettivo primario della normativa è promuovere la conciliazione, senza sacrificare l’efficienza del sistema giudiziario.