Intervista al Magistrato Antonio Scalera, Consigliere della Corte d’Appello di Catanzaro

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Intervista al Magistrato Antonio Scalera, Consigliere della Corte d’Appello di Catanzaro
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Intervista al Magistrato Antonio Scalera, Consigliere della Corte d’Appello di Catanzaro

“Gli strumenti alternativi nella crisi familiare” è il titolo del prossimo evento di formazione organizzato dall’Osservatorio sui Conflitti e sulla Conciliazione e dalla Formazione Decentrata della Scuola Superiore della Magistratura (QUI TUTTI I DETTAGLI) e che si terrà il prossimo 20 novembre 2023, alle ore 15, attraverso la piattaforma Zoom.

Tra i relatori il dottor Antonio Scalera, magistrato e consigliere della Corte d’Appello di Catanzaro, che parlerà di mediazione familiare. In vista dell’evento di novembre lo abbiamo intervistato.

 

Dott. Scalera, il corso del 20 novembre verterà sulla tematica degli “Strumenti alternativi nella crisi familiari”, quali sono?

«Gli strumenti alternativi nella crisi familiare sono essenzialmente due. La negoziazione assistita, introdotta dall’articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. La mediazione familiare conosciuta dal nostro ordinamento sin dalla legge 28 agosto 1997, n. 285 ed oggetto di significativi interventi da parte della cosiddetta “Riforma Cartabia”».

Il suo intervento si concentrerà sulla mediazione familiare. Quali sono, in breve, gli aspetti più importanti di questo istituto che è fondamentale far emergere per gli addetti ai lavori?

«In estrema sintesi, la mediazione familiare può essere definita come «l’attività professionale svolta in ambito familiare che ha come obiettivo fondamentale quello di aiutare la coppia o i genitori a ridisegnare un nuovo assetto, messo in discussione dalla rottura della relazione prima e dal conflitto poi». Si caratterizza per essere basata sul consenso delle parti che si affidano in questo percorso ad una figura professionale (il mediatore familiare) iscritto in un apposito albo istituito presso il Tribunale. Inoltre, il nostro ordinamento prevede una chiara e netta incompatibilità tra la mediazione familiare e la violenza domestica, tanto è vero che è fatto obbligo al mediatore di interrompere immediatamente il percorso di mediazione familiare se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze».

Ormai sappiamo bene le novità introdurre nel processo civile alla luce della c.d. Riforma Cartabia e, allo stesso tempo, proprio il settore della mediazione è un settore sempre in costante espansione e mutamento. Secondo Lei verso quali prospettive – e anche miglioramenti – si dirige l’ambito della mediazione e cosa c’è ancora da fare in tal senso?

Indubbiamente la riforma Cartabia, in attuazione degli obiettivi del PNRR, ha molto puntato sugli strumenti di ADR, peraltro già conosciuti dall’ordinamento. Sono stati previsti, ad esempio, incentivi fiscali per chi ricorre alla mediazione o alla negoziazione assistita. La materia è, allo stato, sufficientemente regolamentata. Si tratta, a questo punto, di applicare le norme esistenti. Il successo degli strumenti di ADR dipende, a mio avviso, da un fattore culturale. Occorre, in altre parole, abbandonare il più possibile la logica del conflitto e avviare una riflessione seria, che cerchi in profondità i vantaggi della giustizia mediata, e penetri all’interno della società a partire dalle giovani generazioni. Bisogna afferrare il nodo della questione: esiste una chiara convenienza umana e civile in uno stile di fare giustizia che sa mediare i conflitti anziché esasperarli».

Un ruolo importante è rivestito dall’incontro tra Magistratura e addetti del settore della Conciliazione. Secondo Lei, da Magistrato, qual è l’apporto che il mondo della Magistratura dà al settore della mediazione e come si può incentivare la mediazione stessa anche per formare correttamente i professionisti?

«Anche la Magistratura, naturalmente, deve fare la sua parte nel favorire la diffusione degli strumenti di ADR, ad esempio, utilizzando la cosiddetta mediazione demandata. Si tratta di quella mediazione che viene disposta dal Giudice, anche in grado di appello, con provvedimento adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni. In tali casi, l’esperimento della mediazione diviene condizione di procedibilità, anche in sede di appello. Sarebbe auspicabile, poi, che i mediatori professionali abbiano la possibilità di confrontarsi con la Magistratura. Penso, ad esempio, a delle occasioni di formazione comune nelle quali, da un lato, i mediatori potrebbero portare la loro esperienza di compositori delle lite. I Giudici, dal canto loro, potrebbero discutere e approfondire con i mediatori Giudici le questioni giuridiche che più spesso sono sottese ai casi da loro trattati».

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