Intervista ad Alberto Cisterna, presidente della XIII sezione civile del Tribunale di Roma

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Intervista ad Alberto Cisterna, presidente della XIII sezione civile del Tribunale di Roma
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Intervista ad Alberto Cisterna, presidente della XIII sezione civile del Tribunale di Roma

La prima Officina della Conciliazione del 2024 sarà incentrata sul tema della “Mediazione nella Responsabilità Professionale” e si terrà il prossimo 26 febbraio, come lo scorso anno in collaborazione con la Formazione Decentrata della Scuola Superiore della Magistratura. La relazione introduttiva dell’evento è affidata al dott. Alberto Cisterna, presidente della XIII sezione civile del Tribunale di Roma, che relazionerà sull’argomento degli “Indici di mediabilità delle controversie in materia di responsabilità professionale”. Per l’occasione come Osservatorio sui Conflitti e sulla Conciliazione lo abbiamo intervistato.

Presidente Cisterna, lei terrà la relazione introduttiva della 1a Officina della Conciliazione del prossimo 26 febbraio sul tema “Mediazione nella Responsabilità Professionale”. Quali sono gli aspetti più importanti di questo argomento che è fondamentale far emergere per gli addetti ai lavori?

 «La crescita costante del contenzioso in materia di responsabilità riguarda ogni settore delle relazioni tra professionisti ed assistiti: dai notai agli avvocati, dai commercialisti ai medici non c’è ambito che possa dirsi al riparo dall’azione risarcitoria. E’ un contenzioso che affonda, in parte, le proprie radici in un rapporto non corretto tra professionista e cliente; spesso politiche di acquisizioni degli incarichi abbastanza spregiudicate, eccessive rassicurazioni e promesse lasciano intendere che il professionista sia in grado di garantire sempre e comunque un “risultato”, dimenticando che la prestazione professionale è il contenuto di un’obbligazione di mezzi. La cultura della mediazione presuppone l’eliminazione di questo equivoco che è insorto nel contratto d’opera professionale, altrimenti diviene difficile comporre le liti per via stragiudiziale».

 Ormai sappiamo bene le novità introdotte nel processo civile alla luce della c.d. Riforma Cartabia e, allo stesso tempo, proprio il settore della mediazione è un settore sempre in costante espansione e mutamento. Secondo Lei verso quali prospettive – e anche miglioramenti – si dirige l’ambito della mediazione e cosa c’è ancora da fare in tal senso?

«Soprattutto la legge Cartabia muove dalla realistica presa d’atto che qualunque campagna di assunzioni di magistrati e personali, qualsiasi riforma del processo non è in grado di assicurare una risposta tempestiva e qualitativamente appropriata alla domanda di giustizia. Troppi sono i contenziosi pendenti e che ogni anno affollano i tribunali e le corti per sperare di fare a meno della mediazione e della conciliazione anche giudiziaria (art. 185-bis Cpc). E’ proprio il successo di questo strumento, ulteriormente incentivato dalle legge Cartabia con particolare lungimiranza, a essere forse la strada migliore che si possa concepire per porre le basi di una forte e radicata politica della mediazione stragiudiziale. Le conciliazioni giudiziarie, proprio in materia di responsabilità sanitaria, sono ben accolte in numerose occasioni e il fatto che sia il giudice a indicare la via di una composizione della lite rende le parti più disponibili all’accordo. Ecco si tratta di travasare la “sapienza” della conciliazione giudiziaria verso i “riti” della mediazione in modo da rendere osmotica, condivisa, prevedibile, conoscibile la composizione della lite fuori e dentro le aule di giustizia. Quando si sarà raggiunto questo equilibrio la mediazione sarà intesa come uno strumento ordinario di giustizia».

Un ruolo importante è rivestito dall’incontro tra Magistratura e addetti del settore della Conciliazione. Secondo Lei, da Magistrato, qual è l’apporto che il mondo della Magistratura dà al settore della mediazione e come si può incentivare la mediazione stessa anche per formare correttamente i professionisti?

 «Conoscere come i giudici si atteggiano nelle prassi conciliative (si pensi solo al mondo del diritto del lavoro dove la conciliazione è uno strumento di successo da decenni) è fondamentale. Si devono rendere partecipi i mediatori dei modelli di ragionamento che i giudici adoperano, farli crescere nella previsione di quello che sarebbe l’esito della causa; una missione complessa per chi non ha svolto le funzioni giurisdizionali, ma tutt’altro che impossibile. La mediazione si deve fondare su un’attendibile prognosi di quello che sarà l’esito della lite in aula e solo allora raggiungerà tutti i propri risultati. Non si tratta di sedersi sotto la quercia e dispensare soluzioni “di mezzo”, ma di svolgere un’attività eminentemente giuridica, anzi pre-giurisdizionale.Non si improvvisa niente».

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