Intervista a Laura Nissolino, presidente dell’Istituto Italiano di Diritto Collaborativo e Negoziazione Assistita

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Intervista a Laura Nissolino, presidente dell’Istituto Italiano di Diritto Collaborativo e Negoziazione Assistita
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Intervista a Laura Nissolino, presidente dell’Istituto Italiano di Diritto Collaborativo e Negoziazione Assistita

Un ruolo fondamentale, all’interno del mondo della mediazione e della conciliazione, è rappresentato dall’Istituto Italiano di Diritto Collaborativo e Negoziazione Assistita. L’Istituto, infatti – formato da avvocati, commercialisti e psicologi/mediatori – si impegna ad offrire alla clientela in via di separazione, un approccio non contenzioso, riservato e rispettoso della continuità dei legami familiari. Le attività sono quindi rivolte alla gestione delle questioni attinenti la separazione e/o il divorzio: la presa in carico dei figli, la collaborazione genitoriale, la revisione degli accordi e le altre questioni di diritto di famiglia, utilizzando un approccio detto di “Diritto Collaborativo”. A tal proposito abbiamo intervistato l’avv. Laura Nissolino, presidente dell’Istituto

 

Avv. Nissolino, l’Istituto Italiano di Diritto Collaborativo e Negoziazione Assistita ha ovviamente, per suo stesso nome, un compito centrale nel settore della gestione e della pacificazione dei conflitti. Qual è il suo ruolo in tal senso?

«Come attuale Presidente dell’Istituto con orgoglio posso dire che siamo stati agli inizi del 2010 la prima associazione italiana ad avere acquisito in Italia dal mondo anglosassone lo strumento del “diritto collaborativo”, che attraverso varie proposte di legge è infine confluito, ancorchè con qualche limitazione rispetto al nostro modello, nell’istituto della Negoziazione Assistita. La normativa è stata introdotta nell’ordinamento italiano con legge 10 novembre 2014 n. 162 ed ha garantito il riconoscimento giuridico degli accordi raggiunti attraverso la pratica collaborativa direttamente dalle parti alla presenza degli avvocati. Le parti, quindi, attraverso il modello della negoziazione assistita con il metodo collaborativo sono insieme ai loro avvocati seduti allo stesso tavolo e utilizzando una comunicazione circolare esprimono liberamente le proprie emozioni e propongono direttamente le opzioni per raggiungere le soluzioni più confacenti al loro caso. Gli avvocati pur mantenendo il loro ruolo di tutela dei rispettivi clienti, vigilano affinché siano rispettati i principi di buona fede e trasparenza, utilizzando una modalità non “avversariale” ma collaborativa. E’ un lavoro di gruppo in cui oltre agli avvocati e alle parti possono intervenire degli esperti – di area psicologica o tecnica – formati anche loro al diritto collaborativo, la cui finalità è il raggiungimento del risultato più soddisfacente per le parti. Il compito principale dell’Istituto quindi è “informare” e “formare”, cioè di divulgazione della negoziazione con il metodo collaborativo quale preferibile opzione per la gestione dei conflitti e di formazione specializzata per i professionisti che la utilizzano».  

Rimanendo sempre sul settore della Negoziazione, secondo lei come possono le varie realtà, gli Istituti, le associazioni, collaborare per incentivare questo strumento e anche per formare correttamente gli addetti ai lavori?

«Il migliore modo per incentivare la negoziazione è certamente la conoscenza. Maggiormente si informano gli utenti e i professionisti dell’esistenza di metodi alternativi di gestione dei conflitti e più facile sarà sollecitare la richiesta di informazioni ed il successivo coinvolgimento delle persone, quindi grazie per il Vostro impegno nella diffusione dell’informazione. Il passaggio successivo non meno importante è, come dicevo, la formazione dei professionisti coinvolti nell’utilizzo delle tecniche di negoziazione con il metodo collaborativo. La nostra associazione offre corsi di preparazione di vari livelli in base alle conoscenze dei partecipanti, in cui oltre ad insegnare la normativa e le tecniche in via teorica si coinvolgono i partecipanti in simulazioni e si mettono alla prova le capacità negoziali di ognuno per implementarle e permetterne il miglior utilizzo in qualsiasi tavolo negoziale, non solo in quello formato dal “Team collaborativo”. Altra attività che istituti ed associazioni non possono smettere di svolgere è quella di coinvolgere il legislatore, le istituzioni ed i giudici affinché ognuno nel proprio campo possa migliorare le norme, divulgare, comunicare e sollecitare le parti e gli addetti i lavori affinchè gli strumenti esistenti siano effettivamente conosciuti e utilizzati. E’ necessario un cambio di paradigma di tutti per diffondere una giustizia più partecipata e “collaborativa”».

Il mondo della mediazione intesa, appunto, come conciliazione è in costante evoluzione, soprattutto alla luce delle novità della c.d. Riforma Cartabia. Secondo lei verso quali prospettive si dirige l’ambito della gestione e pacificazione dei conflitti? E quali le cose ancora da poter fare?

«Il problema della escalation della violenza fisica e verbale è ormai sotto gli occhi di tutti e conseguentemente la necessità di disinnescare le conseguenze familiari e sociali di tale aggressività è diventato un imperativo per chi opera nell’ambito del diritto a qualsiasi livello. L’Italia negli ultimi anni grazie anche alla spinta europea ha introdotto importanti normative, di cui la citata Riforma Cartabia è l’esempio più recente, per diffondere la cultura delle forme alternative di risoluzione dei conflitti in ambito civile e familiare. E’ necessario proseguire su questo solco, incentivare i cittadini all’utilizzo della negoziazione sia come dicevo informandoli, ma anche con strumenti di aiuto economico e continuare a migliorare in tal senso le normative esistenti. Ad esempio, nella riforma citata l’utilizzo dello strumento del gratuito patrocinio per i non abbienti è stato previsto per le negoziazioni civili e commerciali e non anche per quelle familiari. E’ una evidente lacuna che dovrà essere sanata».

Un’ultima battuta. In particolare sul tema della crisi familiare. Questo è stato infatti il tema di uno degli ultimi eventi dell’Osservatorio. Sotto questo aspetto qual è il ruolo della negoziazione assistita nelle controversie di famiglia? ‎

«Gli accordi raggiunti in negoziazione assistita con il “metodo collaborativo” hanno il vantaggio di essere direttamente gestiti e sottoscritti dalle parti alla presenza degli avvocati con la mera ratifica del P.M. Ciò sotto l’aspetto formale evita l’udienza presidenziale di conferma della volontà delle parti alla presenza del Presidente del Tribunale. Inoltre, dal punto di vista sostanziale garantisce alle parti l’acquisizione di una modalità di comunicazione non conflittuale, utile non solo per addivenire alla cessazione della relazione ma per garantire un approccio positivo e di gestione dei conflitti presenti e futuri. Ciò permette ai membri della famiglia di rimanere uniti e di condividere decisioni e scelte in un clima di maggiore serenità e comprensione reciproca. Inoltre, aiuta i figli a crescere imparando dall’ esempio dei genitori cosa siano il rispetto e l’empatia, con una evidente benefica ricaduta sulle relazioni non solo familiari ma sociali. Imparando a gestire i conflitti familiari si assicura quindi anche il contenimento della conflittualità sociale ed in questo momento in cui purtroppo vediamo come i casi di femminicidio non diminuiscano nonostante le norme più tutelanti recentemente introdotte, direi che è imprescindibile lavorare come noi facciamo per una inversione di tendenza puntando alla pacificazione e per ridurre finalmente i conflitti».

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