Cosa succede alla Pubblica Amministrazione che non partecipa alla mediazione?

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Cosa succede alla Pubblica Amministrazione che non partecipa alla mediazione?
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Cosa succede alla Pubblica Amministrazione che non partecipa alla mediazione?

La cosiddetta Riforma Cartabia, nel corpus del D. Lgs. 28/2010, prevede due norme – introdotte ex novo – per quanto concerne le Pubbliche Amministrazioni i cui funzionari, senza giustificato motivo, non partecipino o non stipulino accordi nella procedura di mediazione. Si tratta all’art 11 bis e dell’art. 12 bis., che prevedono una severa responsabilità contabile.

Le novità della Riforma, infatti, ribaltano il principio per cui i pubblici dipendenti e gli amministratori venivano frenati da quella che veniva comunemente chiamata la “paura della firma” e conseguentemente quello per cui le Pubbliche Amministrazioni accedevano alle procedure di mediazione raramente e con estrema cautela proprio per il timore, da parte dei pubblici dipendenti ed amministratori, di dover eventualmente rispondere di danno erariale a causa di comportamenti colposi nella sottoscrizione di accordi di conciliazione.

Nel dettaglio l’articolo 11-bis prevede quanto segue, ovvero che: “ai rappresentanti delle PA che sottoscrivono un accordo di conciliazione, si applica l’art. 1, comma 1.01 bis della legge n. 20/1994”, che così dispone: “In caso di conclusione di un accordo di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale da parte dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche […], la responsabilità contabile è limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”.

L’art. 12-bis stabilisce, invece, quali sono le conseguenze, nel processo, a seguito della mancata partecipazione al procedimento di mediazione. Innanzitutto dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro del procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. In seconda battuta quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità, il giudice condanna la parte costituita – che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo – al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio. Infine, il giudice – qualora sia richiesto – può condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata in misura non superiore, nel massimo, alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.

I funzionari delle Pubbliche Amministrazioni, dunque, per non incappare in queste violazioni, dovrebbero – come best practices -, come suggerisce il portale specializzato CFNews, far precedere la partecipazione al primo incontro di mediazione dal rilascio di un parere tecnico che possa aiutare i medesimi a comprendere i limiti entro cui negoziare; accettare o proporre la nomina di un consulente tecnico in mediazione (C.T.M.) che aiuti a orientare la decisione sulle scelte tecniche; nei casi di particolare rilevanza della potenziale controversia, chiedere l’intervento dell’Avvocatura dello Stato (che in ogni caso non potrà mai sostituirsi ma semplicemente affiancare il funzionario della PA); considerare che, qualora la PA non utilizzi l’istituto della mediazione, la spesa pubblica potrebbe rivelarsi maggiore, laddove risulti la responsabilità ab origine dell’amministrazione.

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