La seconda Officina della Conciliazione del 2024, che si terrà il 10 giugno 2024 – tramite la piattaforma Teams – sarà incentrata sul tema del “Rapporto tra conciliazione giudiziale e mediazione demandata”. Tra i relatori anche il Prof. Avv. Angelo Danilo De Santis, Professore associato di diritto processuale civile e delegato dal Rettore per i rapporti con gli ordini professionali, che abbiamo intervistato per l’occasione.
Prof. De Santis, durante la prossima Officina della Conciliazione lei terrà la relazione sul tema “Conciliazione giudiziale e mediazione demandata”. Quali sono gli aspetti più importanti di questo argomento che è fondamentale far emergere per gli addetti ai lavori?
«Il potenziamento degli strumenti conciliativi è avvenuto, negli ultimi anni, sia rispetto alla fase della controversia che si svolge fuori e prima del processo, sia rispetto a quella che si svolge dinanzi al giudice. In questo senso, il ruolo del giudice appare in costante evoluzione, giacché il raggiungimento di una conciliazione nel corso del processo è incentivato da un ampio sistema di sanzioni afflittive e premiali (o incentivanti). Da questo punto di vista, il raggiungimento di una conciliazione giudiziale è stimolato dal legislatore, a fronte del perseguimento di interessi superiori (quali, ad es., la deflazione del carico giudiziario e quindi la riduzione dei tempi per la definizione dei processi). Tutti i soggetti coinvolti nel processo devono condividere, sul piano culturale, in primis, gli obiettivi di sistema cui sovrintende l’implementazione dei poteri del giudice di favorire la definizione conciliativa di una controversia. Per esserlo, occorre essere consapevoli degli strumenti messi a disposizione, nonché del loro funzionamento, dei loro pregi e, eventualmente, dei loro difetti».
Il settore della Mediazione è in costante espansione e mutamento e sappiamo bene le varie novità introdotte alla luce della c.d. Riforma Cartabia. Secondo Lei verso quali prospettive – e anche miglioramenti – si dirige l’ambito della mediazione e cosa c’è ancora da fare in tal senso?
«Mi pare che la mediazione stia assurgendo al rango di strumento principale per la definizione delle controversie civili. Le prospettive di incremento dell’uso della mediazione sono legate, a mia avviso, alla diffusione di sistemi di classificazione delle controversie, fruibili anche dagli avvocati, che ne individuino i c.d. indici di mediabilità (anche sulla base di modelli virtuosi frutto della collaborazione tra Uffici giudiziari e Università); non dimenticherei, comunque, che l’opacità dell’ordinamento, le difficoltà di esercizio della nomofilachia da parte della Cassazione e le sacche di inefficienza dell’amministrazione della giustizia costituiscono i veri “nemici” della mediazione. Non dimenticherei, peraltro, che il processo, a determinate condizioni, può costituire per il debitore un assai conveniente strumento di finanziamento, anche a mente della complicata applicazione dell’art. 1284, 4° comma, c.c. (attestata, da ultima, da Cass., sez. un., n. 12449/2024). Nel senso che, in un sistema in cui la prevedibilità della decisione è rara e in cui i tempi della giustizia favoriscono “la parte che ha torto”, l’interesse genuino alla mediazione rischia di dissolversi».
Un ruolo importante è rivestito, ovviamente, da avvocati e mediatori, insomma dagli addetti ai lavori. Secondo Lei i professionisti quale apporto possono dare a questo settore e in che modo? Soprattutto per incentivare non solo la mediazione stessa ma anche la formazione costante.
«Gli avvocati, secondo il mio modesto avviso, sono chiamati, anche dal legislatore, a diventare il vero motore della mediazione; mi pare che, negli ultimi dieci anni, si possa registrare un “cambio di passo” e che lo strumento in questione, inizialmente avversato, sia stato compreso dai professionisti, i quali sono ormai consapevoli dei vantaggi e delle opportunità del ricorso agli strumenti di ADR. L’opera dei mediatori, per altro verso, è sempre più apprezzata e credo si possa intravedere, ormai, la creazione di una vera e propria nuova categoria professionale. Considerando la delicatezza dell’incarico del mediatore, mi pare ovvio garantire, per i fruitori del servizio giustizia sub specie di mediazione, un elevato livello di competenze che solo la formazione costante è in grado di assicurare. Per quanto riguarda gli avvocati, mi pare che gli obblighi formativi cui sono chiamati soddisfino l’esigenza di una adeguata formazione ma, al contempo, credo che le specializzazioni forensi giocheranno un ruolo decisivo nell’affinamento delle capacità e competenze legate all’uso degli strumenti di ADR».