Il 25 gennaio 2025 ha segnato una data importante per il mondo della risoluzione alternativa delle controversie. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo correttivo n. 216/2024, il legislatore italiano completa un percorso di riforma già avviato con la legge delega in materia di giustizia civile, introducendo strumenti digitali e nuove regole operative per la mediazione civile e commerciale, in particolare tra imprese. Contestualmente, il nuovo Regolamento (UE) 2024/1689 sull’intelligenza artificiale definisce il perimetro entro cui tecnologie algoritmiche potranno essere utilizzate nel contesto dei procedimenti di ADR (Alternative Dispute Resolution).
Mediazione, ora connessa: l’iter sarà completamente gestibile da remoto
L’elemento cardine della riforma italiana è senza dubbio la mediazione telematica. A partire dal 2025, sarà possibile gestire l’intero procedimento in modalità digitale: dalla presentazione della domanda alla partecipazione alle sedute tramite videoconferenza, fino alla firma digitale degli accordi. Gli organismi di mediazione saranno tenuti a garantire la conservazione sicura degli atti elettronici, nel rispetto delle normative su privacy, protezione dei dati e sicurezza informatica.
La possibilità di collegarsi da remoto non rappresenta più un’eccezione, ma diventa modalità ordinaria, a patto che vi sia il consenso unanime delle parti coinvolte. In tal modo si abbattono le barriere logistiche, si riducono tempi e costi, e si agevola l’accesso al procedimento anche per realtà imprenditoriali situate in aree periferiche o estere.
Durata flessibile e centralità delle parti
Il decreto n. 216/2024 introduce un’ulteriore innovazione sostanziale: la durata della mediazione viene estesa da tre a sei mesi, con la possibilità di proroghe illimitate della durata di tre mesi ciascuna, purché concordate da tutte le parti. Questo nuovo assetto attribuisce un maggiore potere negoziale ai soggetti coinvolti, permettendo loro di calibrare tempi e strategie in base alla complessità della controversia.
Resta più rigido, invece, il meccanismo per le mediazioni delegate dal giudice, dove è prevista una sola prorogatriennale, al termine della quale la controversia dovrà essere nuovamente trattata in sede giudiziale.
L’intelligenza artificiale entra (con cautela) nella mediazione
Parallelamente, il Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale (IA) classifica i sistemi utilizzati per la risoluzione alternativa delle controversie tra le tecnologie ad alto rischio. Questo comporta che ogni impiego dell’IA in mediazione debba sottostare a rigorosi standard di trasparenza, tracciabilità e supervisione umana.
L’intelligenza artificiale, dunque, potrà essere impiegata come supporto al lavoro del mediatore – ad esempio per raccogliere dati rilevanti, analizzare documenti o suggerire ipotesi negoziali – ma non potrà in alcun modo sostituire il ruolo umano nella valutazione finale o nella proposta conciliativa. La logica sottostante è chiara: evitare l’automatizzazione di un procedimento che deve restare fortemente umano e relazionale, preservando l’ascolto, l’empatia e la sensibilità situazionale che solo un professionista in carne e ossa può garantire.
Competenze professionali da aggiornare
L’introduzione della mediazione telematica e l’apertura all’IA comportano una ridefinizione delle competenze professionali richieste a mediatori, avvocati e consulenti. Oltre alla preparazione giuridica, diventa essenziale possedere abilità comunicative digitali, capacità di gestire la relazione a distanza e conoscenze tecniche relative alla firma elettronica, gestione documentale e sicurezza informatica. L’interazione in videoconferenza, infatti, riduce la possibilità di cogliere segnali non verbali, impone un linguaggio più preciso e richiede un’attenta regia della conversazione per garantire equilibri, rispetto dei turni e clima costruttivo. Per questo motivo, la formazione degli operatori ADR dovrà essere aggiornata e ampliata, includendo moduli specifici sulla comunicazione telematica, l’etica algoritmica e la cybersecurity.
Opportunità e interrogativi
La riforma rappresenta una svolta significativa nel panorama della giustizia civile, in linea con i trend internazionali di digitalizzazione e dematerializzazione dei procedimenti. Essa offre opportunità concrete di efficienza e accessibilità, soprattutto per le imprese, che potranno avvalersi di uno strumento più agile e meno oneroso per dirimere le proprie controversie. Tuttavia, molti interrogativi restano aperti. La digitalizzazione spinta comporta rischi di esclusione per chi ha scarsa dimestichezza tecnologica. L’ingresso dell’intelligenza artificiale richiede un controllo costante per evitare bias, automatismi opachi e possibili violazioni del principio di equità. E la stessa estensione temporale del procedimento, se non ben gestita, potrebbe trasformarsi in uno stallo negoziale anziché in un’opportunità.
La sfida, dunque, sarà trovare un equilibrio virtuoso tra innovazione e tutela, tra flessibilità procedurale e garanzie sostanziali. La mediazione, per sua natura, non è solo uno strumento tecnico: è un processo relazionale, un luogo di ascolto, una forma di giustizia dialogica. La tecnologia può e deve potenziarla, ma senza snaturarne l’essenza. Se mediatori, operatori del diritto e istituzioni sapranno cogliere lo spirito di questa riforma, l’Italia potrà diventare un laboratorio virtuoso di giustizia alternativa al passo coi tempi, ma ancora profondamente umana.