L’Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi chiarimenti sulla conciliazione agevolata, misura della Tregua Fiscale – introdotta tra quelle della Legge di Bilancio 2023 – che prevede la riduzione delle sanzioni a 1/18 e la rateazione in 5 anni in caso di controversie tributarie pendenti davanti alle Corti di giustizia tributaria, con oggetto atti impositivi.
In particolare si tratta della Circolare del 19 aprile 2023, n.9 (Leggi qui il documento completo dell’Agenzia delle Entrate), con la quale vengono fornite le istruzioni per la definizione agevolata nel caso di procedura conciliativa definita “fuori udienza”. Il documento, inoltre, fornisce le istruzioni su altre novità apportate dal Decreto Bollette 2023, che ha esteso l’applicazione della definizione agevolata delle controversie pendenti – inizialmente al 1° gennaio – ora fino al 15 febbraio 2023. Norma che ha previsto anche una proroga – dal 30 giugno al 30 settembre 2023 – per la sottoscrizione dell’accordo. L’Agenzia ha chiarito che a tale data è sufficiente che sia stata effettuata la notifica del ricorso a controparte, non essendo richiesto per la definizione della lite che al 15 febbraio 2023 sussista anche il presupposto della costituzione in giudizio, che dovrà comunque essere effettuata nei termini di legge.
Come già detto, l’oggetto delle istruzioni sono le controversie che riguardano gli atti impositivi e che devono avere come parte in causa la stessa Amministrazione finanziaria. Per quanto riguarda le conseguenze della modifica ai termini, il documento precisa testualmente che: «alle liti instaurate con ricorsi notificati tra il 2 gennaio 2023 e il 15 febbraio 2023, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, è applicabile unicamente la definizione agevolata mediante conciliazione agevolata e non anche la definizione automatica di cui ai commi da 186 a 205».
Nel caso di pendenza di liti innanzi alle Corti di Giustizia Tributaria di secondo grado, alla data del 15 febbraio 2023 deve essere stata presentata la notifica alla controparte: la mera pendenza del termine per impugnare la sentenza di primo grado – precisa il documento – non è sufficiente. Dalla conciliazione agevolata sono però escluse le liti relative a dinieghi espressi o taciti di rimborso, così come quelle che riguardano atti senza una pretesa tributaria qualificata o atti di mera riscossione.
C’è poi la questione, introdotta sempre dal Decreto Bollette, della cosiddetta “causa speciale di non punibilità dei reati tributari”. A tal proposito l’art. 23 del Decreto ha previsto una serie di ipotesi, ovvero: omesso versamento di ritenute dovute o certificate di cui all’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000; omesso versamento dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale per un ammontare superiore a 250mila euro di cui all’articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000; indebita compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a 50mila euro di cui all’articolo 10-quater comma 1 del D.Lgs. n. 74/2000. In tutto questo, però, la conciliazione parziale è ammessa se l’accordo interessa una parte dell’atto impositivo impugnato, seppur con alcuni dettagli rilevanti riportati dalla stessa Agenzia: «in ipotesi di sottoscrizione di un accordo di conciliazione parziale – precisa il documento – si ritiene preclusa la possibilità di una successiva adesione alla definizione automatica di cui ai commi da 186 a 205 in relazione alla parte di pretesa tributaria rimasta in contestazione».
Per quanto riguarda, invece, le controversie relative soltanto alle sanzioni, anche in questo caso l’Agenzia spiega l’esclusione della conciliazione agevolata. In tali fattispecie, infatti, la riduzione a 1/18 del minimo «rappresenterebbe un abbattimento automatico della sanzione, contrario alla ratio legis».
Le modalità di pagamento – e i termini temporali – e di decadenza sono poi oggetto di un altro chiarimento resosi necessario da parte dell’Amministrazione finanziaria. Il primo pagamento della rata (in caso di rateazione) o dell’intera somma deve essere effettuato entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, mentre le eventuali rate successive hanno come termine quello dell’ultimo giorno di ogni trimestre successivo al pagamento della prima rata. C’è un tetto massimo di rate trimestrali richiedibili che ammonta a 20 e che quindi rendono i versamenti spalmabili in un arco temporale di 5 anni.
Per quanto riguarda le somme dovute, sempre la Circolare del 19 aprile specifica che «qualora le somme già versate in pendenza del giudizio siano di ammontare superiore rispetto a quanto dovuto per la conciliazione agevolata» e in assenza di una espressa preclusione normativa «si ritiene che possa essere riconosciuto il rimborso della differenza». Al contrario, il mancato pagamento di una delle rate ha come conseguenza il decadimento del beneficio. In quest’ultimo caso si provvederà all’iscrizione a ruolo delle somme residue a titolo di imposta, interessi e sanzioni, ma anche della sanzione (crf. Art. 13 D. Lgs 18 dicembre 1997, n. 471) aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.