In occasione della fine del Corso di Alta Formazione “Le forme di risoluzione dei conflitti nei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati. La figura del conciliatore civico: una proposta per il diritto di cittadinanza”, organizzato dall’Osservatorio sui Conflitti e sulla Conciliazione, con l’Università di Pisa ed il Consiglio della Regione Toscana, abbiamo intervistato il professore Tommaso Greco, Ordinario di Filosofia del diritto nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa. Il professor Greco ha preso parte alla giornata di lezioni dello scorso 14 ottobre e ci ha parlato anche del suo libro “La legge della fiducia. Alle radici del diritto” (Editori Laterza), mentre il Corso si è concluso l’11 novembre, con le ultime relazioni e con la tavola rotonda pomeridiana alla quale sono intervenuti l’avvocato Francesco Caroleo, il professor Francesco Clementi dell’Università La Sapienza di Roma; il dottor Andrea di Bernardo, Consigliere Regionale della Toscana; l’avvocato Paola Moreschini e la dottoressa Luciana Breggia.
Professor Greco, di cosa parla il suo libro e come si è collegato al Corso di Alta Formazione?
«Avevo in mente da tempo di fare una critica di una certa cultura giuridica che è diffusa non solo tra i giuristi, ma forse soprattutto tra i cittadini, una cultura che io ho chiamato “sfiduciaria”, cioè l’idea che il diritto serva sostanzialmente, anzi direi quasi esclusivamente, non solo per sanzionare, per punire, per tenere a bada le cattive inclinazioni degli uomini e delle donne, ma sostanzialmente appunto per porre limiti, confini, cioè non come uno strumento di cooperazione sociale. E quindi questo toglieva, e toglie, completamente, dal diritto e dalla vita del diritto l’idea che gli esseri umani siano innanzitutto degli esseri socievoli che tendono anche alla cooperazione, non solo a farsi dei danni o a cercare ognuno i propri interessi, ma cerchino invece anche di cooperare. Per esempio quando si stipula un contratto, di fatto è una forma di cooperazione. E quindi il termine della fiducia entra in questo contesto per dire che dentro il diritto – a differenza di quello che appunto si pensa correntemente, cioè che egli serva solo a riparare rapporti che ormai sono appunto incentrati sulla sfiducia e sulla diffidenza – c’è anche un elemento fiduciario, una forma di affidamento. Quando ci sono delle regole questo aspetto fiduciario è ben visibile, pensiamo al periodo della pandemia. Con la presenza delle regole, infatti, ci aspettiamo che gli altri facciano quello che sono tenuti a fare. Quindi c’è una forma evidente di affidamento. Il libro nasce dunque da questa esigenza e dalla necessità di criticare quel tipo di cultura, proponendo invece una concezione differente, nella quale la relazionalità entra dentro il diritto».
Come, gli argomenti del libro, sono entrati all’interno del Corso di Alta Formazione che, lo abbiamo visto, si focalizza soprattutto sull’ambito della pubblica amministrazione?
«Entrano sotto diversi profili, intanto perché questa prospettiva, che io ho chiamato “fiduciaria”, non elimina l’elemento del conflitto, poiché quest’ultimo è anch’esso dentro il diritto. Il diritto, infatti, mette sempre in gioco posizioni differenti che però dovrebbero essere esercitate e vissute attraverso un elemento di lealtà, di correttezza, che quindi implica la fiducia. Conflitto e fiducia, dunque, non sono due cose separate. Poi, all’interno del Corso, c’è il profilo della fiducia tra cittadini e istituzioni che è alla base poi anche dei rapporti fiduciari tra persone. Infatti quando le istituzioni non generano fiducia si crea un circolo “sfiduciario”, che riguarda non solo i rapporti tra cittadini e istituzioni ma anche i rapporti “orizzontali” tra i cittadini. Un altro fattore di discussione durante il corso è poi stato quello del modo in cui la pubblica amministrazione si rivolge ai cittadini. In questo caso c’è innanzitutto il modo in cui vengono stabilite le regole, il modo in cui sono scritte e lì non c’è solo un problema di chiarezza, ma c’è anche un problema che riguarda la tipologia di regole, di norme che utilizziamo. Ci sono infatti regole che implicano più fiducia e regole che implicano più sfiducia. Direi che tutto il nostro sistema burocratico è fondato su una sfiducia totale non solo nei confronti dei cittadini, ma anche nei confronti degli operatori, dei burocrati, di coloro che lavorano nella pubblica amministrazione. Aprire uno spazio che serva al dialogo tra cittadini e amministrazione – anche se è un dialogo basato su conflitti, su procedure in corso tra cittadini e amministrazioni pubbliche – credo serva molto proprio per ritrovare la fiducia sotto tutti questi aspetti».