La tutela degli utenti nei servizi pubblici

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La tutela degli utenti nei servizi pubblici

di Salvatore Tropea

Rileggi qui di seguito il resoconto della 1a Officina della Conciliazione 2022 che si è tenuta lo scorso 5 luglio.


Come gestire e risolvere le controversie nei contesti dei servizi pubblici? E’ stato questo il tema principale, con un particolare focus sulla tutela degli utenti, dell’Officina della Conciliazione 2022, dal titolo “La tutela degli utenti nei servizi pubblici”, che si è tenuto martedì 5 luglio 2022, dalle ore 14:30 alle ore 16:30 presso l’Istituto regionale di Studi Giuridici del Lazio “A.C. Jemolo”, in Viale Giulio Cesare 31, a Roma.

Ad introdurre e coordinare i lavori Lorenzo Pontecorvo, Presidente dell’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione e Presidente della V sezione del Tribunale di Roma. Ad intervenire, invece, Gaetana Natale, Avvocato dello Stato, sul tema “L’azione collettiva pubblica e gli strumenti di risoluzione delle controversie istituiti dalle Autorità indipendenti”; Luigi D’Ottavi, Dirigente Avvocato di Roma Capitale, sul tema “La gestione delle controversie nell’erogazione dei pubblici servizi: giurisdizione, criticità e prospettive”; Carlo Sgandurra, Presidente dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune di Roma, sul tema “Meccanismi di tutela previsti dalle carte dei servizi”.

Le conclusioni sono state affidate a Gianluigi Pellegrino, Avvocato in Roma e Commissario Straordinario dell’Istituto regionale di Studi Giuridici del Lazio “A.C. Jemolo”.

L’evento – organizzato dall’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione, in collaborazione con la Camera regionale di conciliazione del Lazio e l’Istituto regionale di studi giuridici del Lazio “A. C. Jemolo” – è stato trasmesso in diretta sul canale YouTube dell’Istituto Jesolo ed è possibile rivederlo integralmente QUI.

«Incontri di confronto e dibattito come questo ci permettono di analizzare in modo più approfondito un sistema come il nostro che ha una caratteristica unica rispetto ad altri ordinamenti, soprattutto quelli anglosassoni, ovvero il dover confrontare istituti “pre” giurisdizionali con l’ambito giurisdizionale italiano composto da più settori: tributario, amministrativo, civile e anche quello penale», ha spiegato il presidente Lorenzo Pontecorvo durante i saluti introduttivi e nel corso dell’evento. Opportunità di studio come le Officine, dunque, «serviranno proprio a capire – ha spiegato – come, nel tempo, gli istituti alternativi possono essere e diventare ancora di più strumenti validi all’interno del nostro sistema».

Ad aprire l’Officina è stata poi la relazione di Gaetana Natale, avvocato dello Stato, che – in collegamento streaming – ha illustrato l’azione collettiva pubblica e la sua correlazione con gli strumenti di Alternative Dispute Resolutions, il tutto verso una cultura della conciliazione e della giustizia di prossimità. La class action, come ha spiegato l’Avv. Natale «consiste nel fatto che un membro di un gruppo o categoria, come ad esempio, l’azionista di una società, i parenti di una vittima di un incidente, cioè di una persona avente uno status analogo a quello di una certa categoria, intenta un’azione in giudizio da solo, per conto di tutti gli altri, e con effetti su tutti gli altri». Citando poi la legge n. 15 del 2009, ha ricordato come proprio la class action nei confronti della Pubblica Amministrazione sia stata trasposta nel nostro ordinamento. Tale norma, infatti, «ha introdotto l’istituto dell’azione collettiva contro le inefficienze delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici. Con tale azione l’ordinamento determina una visione della pubblica amministrazione come amministrazione di risultato, nel quadro di una concezione sostanziale del principio del buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione». Natale ha inoltre ricordato il completamento del quadro normativo delle “azioni collettive” con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n.86 del 12 Aprile 2022, del DM Giustizia 17 febbraio 2022 n.27. La «riforma del 2019 – ha spiegato l’avv. Natale – oltre a dettare nuove più dettagliate disposizioni processuali, ha esteso l’ambito applicativo delle azioni di classi e inibitoria». Attualmente, infatti, le “azioni collettive” «sono esperibili per la tutela di tutti i diritti individuali “omogenei” e di qualsiasi interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, ancorché la legittimazione passiva sia circoscritta dagli art.840-bis e 840-sexiesdecies, comma 2, nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità». Con tali articoli – ha precisato – «si è realizzata la cosiddetta de-consumerizzazione dell’azione di classe, non più limitata cioè alla sola tutela dei consumatori, ma a tutti gli interessi che presentino il carattere dell’omogeneità degli stessi». (LEGGI QUI il resoconto dell’intervento integrale dell’Avvocato Gaetana Natale). Infine, l’avvocato ha ulteriormente spiegato che «la class action rappresenta uno schema concettuale attraverso cui si può operare la “istituzionalizzazione dell’utenza”, nel senso di dare centralità ai cittadini che hanno diritto ai servizi essenziali, servizi dotati di universalità, accessibili a tutti, con un livello di efficienza che è l’indice rivelatore del livello di civiltà di un Paese democratico. In tale ottica – ha concluso – i “contratti di servizio” e le “Carte di servizio” rappresentano l’elemento di raccordo tra l’ente affidatario e il gestore, idonei a definire la base giuridica di un’ottimizzazione dei servizi resi alla collettività».

«È interessante, con questa Officina – ha spiegato l’avvocato Luigi D’Ottavi, dirigente avvocato di Roma Capitale – calare la cultura della negoziazione nell’ambito del diritto amministrativo e in particolare porsi la domanda su quanto ci si può spingere, nella composizione amichevole dei conflitti, in questo ambito. Quindi se c’è la disponibilità o meno di entrambe le parti, poiché non sempre nel mondo del diritto pubblico esiste una piena disponibilità a farlo». Da questo punto di vista l’avvocato D’Ottavi ha posto un focus «sul tema affascinante di come far valere questo tipo di necessità per gli utenti, soprattutto nell’ambito di alcuni servizi Pubblici erogati dal Comune». Lo ha fatto portando all’attenzione dei presenti alcuni casi concreti. D’Ottavi ha parlato dunque dello strumento della Class Action, svolta davanti al giudice ordinario da parte di due privati assistiti da un’associazione e da un avvocato con la richiesta di condanna dell’amministrazione comunale per lo stato di disservizio delle strade. Esempi per far «comprendere i confini della giurisdizione di questo tipo di azioni che sono dei capisaldi in tema proprio di tutela degli utenti». Nel dettaglio, ha spiegato, «stiamo parlando dell’esigenza di proteggere il consumatore (Art. 38 della Carta dei Diritti Fondamentali dei Cittadini)», dunque «l’azione dei consumatori contro soggetti pubblici che svolgono anche attività di erogazione di pubblici servizi», ma anche l’azione degli stessi consumatori per ciò che riguarda «l’efficienza della Pubblica amministrazione prevista dal Decreto Legislativo 150 del 2009».

D’Ottavi ha portato come esempio innanzitutto un primo decreto (il 3658 del 6 marzo 2019 del Tribunale di Roma), che ha valutato come inammissibile «un’azione che doveva essere appunto una Class Action contro il Comune di Roma per lo stato di manutenzione delle strade». Il giudice ha ritenuto che l’azione di classe presentasse alcuni profili di inammissibilità «perché si voleva mascherare quella che è l’azione proponibile davanti al giudice amministrativo per l’efficienza nella pubblica amministrazione in un’azione di risarcimento davanti al giudice ordinario. Quindi è stato ritenuto un difetto di giurisdizione». Un secondo passaggio importante secondo D’Ottavi è stato poi quello dell’ancoraggio con il codice della strada. «Non vi è alcuna forma di obbligazione – ha spiegato – che possa nascere tra un utente della strada che non è un consumatore in senso stretto e un soggetto che eroga un servizio pubblico non in forma di impresa». Sotto un profilo extracontrattuale, invece, bisogna chiedersi «se un utente della strada a livello di domanda extracontrattuale possa invocare comunque una tutela per uno stato di disservizio». L’ancoraggio, in questo caso, è «con l’art. 113 del Testo Unico degli enti locali», poiché si può arrivare alla conclusione che «la gestione della rete è strumentale sempre al soddisfacimento di quel bisogno di sicurezza stradale sancito dall’Art. 1 del Codice della Strada». Dunque da qui risulta come, a tutela dell’utente, quest’ultima deve sapere che «anche il monitoraggio della rete e quindi il monitoraggio dei servizio pubblici erogati fa parte del concetto di una corretta erogazione di servizio pubblico». Per quanto riguarda la richiesta risarcitoria degli utenti, il limite si ritrova nella «necessità, per gli utenti, di portare all’attenzione dei pregiudizi gravi, se si vuole arrivare ad avere questo tipo di tutela che è, appunto, di natura risarcitoria». Il secondo caso concreto, invece, portato all’attenzione dall’avvocato D’Ottavi, risale ad un’azione proposta qualche mese fa per l’efficienza della pubblica amministrazione ai sensi del decreto legislativo 198 del 2009, per la quale «è stata emessa sentenza la settimana scorsa» (rispetto all’Officina del 5 luglio). L’azione, in quanto incentrata sull’efficienza della pubblica amministrazione, a differenza di quella precedente «non richiede una tutela risarcitoria, ma si può solo chiedere che il giudice condanni l’amministrazione a porre in essere dei correttivi». Il caso in questione tratta di una persona disabile che «lamenta come rispetto all’insediamento della precedente Consiliatura del Comune di Roma il piano di abbattimento delle barriere architettoniche di correttivi alla sicurezza stradale non è stato correttamente pianificato» e per questo si chiede una tutela. «Il Tar – ha spiegato D’Ottavi – sotto il profilo del ricorrente disabile anche qui ha giudicato l’azione come inammissibile poiché manca una lesione diretta». Per quanto riguarda, invece, l’associazione dei consumatori intervenuta la sentenza contiene «un passaggio saliente nuovo e molto innovativo». L’intervento, infatti, viene ammesso poiché l’associazione «può vantare un intervento litisconsortile autonomo che è omogeneo e parallelo rispetto a quello del ricorrente che invece è stato ritenuto inammissibile». Andando nel merito, dunque, «il giudice va a ritenere la domanda accoglibile non nel senso di chiedere dei provvedimenti amministrativi», ma in quello «di ritenere che alcuni degli standard allegati alla manutenzione delle strade non siano stati pienamente soddisfatti». In conclusione del suo intervento, D’Ottavi ha dunque sottolineato come, alla luce degli esempi portati, «esistono sicuramente delle prospettive anche in termini di conciliazione», soprattutto perché – per quanto riguarda temi come appunto i servizi erogati in ambito stradale – «l’amministrazione si sta muovendo e ci sarà un incontro con le associazioni di consumatori per questo tipo di criticità». In ultima analisi, infine, D’Ottavi ha precisato come spesso ciò che interessa davvero l’utente per una sua effettiva tutela non è tanto «il fatto che ci sia una disfunzione nel sistema», ma soprattutto che non ci sia una corretta informazione su che tipo di servizi e di manutenzione è stata già fatta o si sta facendo.

Sulle carte dei servizi si è invece focalizzato l’intervento di Carlo Sgandurra, Presidente dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali del Comune di Roma. «L’elemento che secondo noi rappresenta la concretizzazione dell’attività di trasparenza e di comunicazione tra pubblica amministrazione e cittadino utente – ha spiegato – è quello della carta di qualità dei servizi perché esso è un obbligo, uno strumento che rappresenta la sintesi di quello che l’azienda incaricata di dare il servizio deve fare. Dunque come è composta e quali sono le pretese che dovrebbe avere il cittadino, compresi gli strumenti di protesta o di reclamo e ogni rivendicazione che ha a disposizione». (CONSULTA QUI le slides dell’intervento del dott. Carlo Sgandurra)

Citando diverse fonti normative (come la Direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994 sui “Principi sull’erogazione dei servizi pubblici”; il DL n. 163 del 12 maggio 1995; legge n. 273 dell’11 luglio 2012 recante “Misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell’efficienza delle PA”) Carlo Sgandurra ha sottolineato come esse siano fondamentali poiché rappresentano «le linee guida per il miglioramento degli strumenti dei servizi pubblici e per i loro standard di qualità». In tal senso, infatti, è altrettanto fondamentale che «l’utente o il consumatore possa misurare il tipo di servizio che gli spetta e si possa poi valutare o in sede di conciliazione o in sede giurisdizionale qual è l’interesse da tutelare», dunque «se è preminente quello pubblico o quello del soggetto del privato». Allo stesso modo, poi, è stata sottolineata l’importanza dei diversi indicatori di qualità, ovvero «uno strumento che da la possibilità non solo alle associazioni ma anche al semplice cittadino di poter misurare qual è il livello di servizio che deve attendersi in maniera oggettiva». Un dettaglio non da tralasciare, quest’ultimo, poiché «indispensabile nel caso di sentenze come quelle citate in precedenza» nelle quali il singolo cittadino avrebbe potuto avere bisogno proprio di conoscere «i livelli di qualità, senza dover ricorrere ad interessi di parte». Per quanto riguarda, poi, la qualità effettiva dei servizi, essa è rappresenta da alcune «dimensioni rilevanti quali l’accessibilità, la tempestività, la trasparenza e l’efficacia», oltre che da altre aggiuntive come continuità, elasticità, flessibilità, equità, efficienza. Sotto questo aspetto, poi, Sgandurra ha sottolineato l’importanza dell’utilizzo delle tecnologie informatiche, soprattutto dopo le esigenze che la pandemia da Covid-19 ha fatto letteralmente esplodere. La PA digitale, infatti, consente di innovare, aprire nuovi canali di comunicazione, migliorare l’erogazione dei servizi. Tutto ciò però spesso è limitato – come ha evidenziato Sgandurra – da una PA che «o va troppo avanti rispetto agli strumenti e alle capacità a disposizione del cittadino oppure rimane troppo indietro non riuscendo a dare adeguate risposte tecnologiche». Da qui l’esigenza di misurare il grado di soddisfazione dei cittadini e, da parte delle amministrazioni, avere la capacità di «intercettare il risultato dei propri servizi», poiché da questo, a cascata, deriva l’analisi dei servizi stessi e la possibilità di dare risposte e miglioramenti adeguati. Il presidente Sgandurra ha dunque portato l’esempio di Roma, dove vige il Protocollo di Intesa tra l’Amministrazione, l’Agenzia e le associazioni dei consumatori-utenti riconosciute (DGCa 67/2015) che dà applicazione concreta a quanto previsto nella Finanziaria 2008. L’applicazione del Protocollo garantisce dunque la partecipazione diretta e il coinvolgimento dei cittadini utenti. Inoltre, tra le funzioni dell’ACoS espressamente previste dall’atto istitutivo (DCC 39/2002), vi è quella di valutare la conformità delle carte dei servizi predisposte dai singoli soggetti erogatori dei Servizi Pubblici Locali.

Da una ricognizione fatta dall’Agenzia sulle Carte di Qualità adottate dai gestori dei servizi pubblici locali di Roma (per esempio: igiene urbana, trasporto pubblico, servizio idrico, distribuzione gas, servizi scolastici, comunali, museali, ecc.) sono emersi alcuni aspetti e criticità che Sgandurra ha portato all’attenzione: Innanzitutto non in tutti i Contratti di Servizio è prevista l’adozione della Carta di Qualità e poi anche dove previsto nel CdS, non tutti i gestori hanno prodotto una Carta di Qualità. Inoltre – aspetto fondamentale evidenziato dal Sgandurra – molte Carte non prevedono modalità alternative di soluzione delle controversie (conciliazione e arbitrato) più snelle e meno onerose dei procedimenti ordinari.

Infine, è stato portato all’attenzione dell’Officina il caso dei canali si contatto con l’utenza, in particolare di alcuni casi di Palaexpo e Msei in Comune. «E’ stato riscontrato in Palaexpo – ha spiegato Sgandurra – l’assenza del box recalami che è stata considerata sempre una criticità, al contrario dei Musei civici a cui, invece, si dovrebbe omologare». Nelle sue conclusioni, il presidente Carlo Sgandurra ha ribadito la necessità, per le Carte di Qualità, di essere «inserite e contestualizzate in un ragionamento circolare che tiene conto delle aspettative dei cittadini». Un meccanismo «regolare e costante di rilevazione della qualità consente, infatti, di ricalibrare gli indicatori di efficacia e gli standard di qualità erogata fissati nei Contratti di Servizio sulla base del reale fabbisogno degli utenti, alla cui soddisfazione deve essere orientata l’erogazione dei servizi». Dunque le stesse Carte dovrebbero «essere redatte secondo criteri univoci e uniformi, pur tenendo conto delle differenze nella tipologia di servizio, contesto e utenza», un’esigenza oggi difficile da risolvere poiché – ha concluso Sgandurra – «normativa che regola questa materia ancora oggi appare caratterizzata da disomogeneità e zone d’ombra in grado di riflettersi negativamente sull’effettivo supporto che il cittadino riceve».

«Dal dibattito odierno – ha invece spiegato Gianluigi Pellegrino, Avvocato in Roma e Commissario Straordinario dell’Istituto regionale di Studi Giuridici del Lazio “A.C. Jemolo” – sono emersi sostanzialmente due analisi fondamentali sui quali concentrare la tutela degli utenti dei servizi pubblici, ovvero che essa può avere un canale giurisdizionale o pre giurisdizionale e un canale non giurisdizionale e quest’ultimo altro non è che il focus principale delle Officine». Secondo Pellegrino, inoltre, «c’è un’esigenza immanente che la tutela del consumatore, dunque dell’utente, sia possibile, rapida, generalizzata e poco costosa». Dunque anche il Commissario Straordinario dell’Istituto regionale di Studi Giuridici del Lazio “A.C. Jemolo”, nelle sue conclusioni, ha sottolineato le due funzioni della tutela dell’utente: «sia quella correttiva sia quella ancora più importante di migliorare la qualità dei pubblici servizi. Un servizio pubblico servizio che sa che può essere giudicato o sanzionato o in sede giudiziale o in sede stragiudiziale è un pubblico servizio che già solo per questo migliora i suoi standard di funzionamento».

«Abbiamo visto – ha sottolineato – come ci sia un retaggio tanto nella giurisdizione ordinaria quanto presso quella amministrativa. Nel momento, infatti, in cui si carica il singolo utente nel dover portare a suo carico prove per la sua tutela», rischia di «venire meno il raggiungimento del risarcimento del danno o comunque di un suo risarcimento davvero totale». Inoltre, come ha spiegato Pellegrino, «possiamo notare una sostanziale differenza con le nuove generazioni». Per queste ultime, infatti, «è per esempio normale che un museo abbia un sistema di customer satisfaction, dunque un meccanismo che possa garantire all’utente di poter dire se funziona o non funziona un determinato servizio. Una consapevolezza nelle nuove generazioni che è presente molto di più di quanto noi, vecchia generazione, decliniamo tutto ciò come diritto che ci sia effettivamente garantito. Questo – ha spiegato – ci deve far capire che ci sono modi diversi di reclamare determinati diritti e anche di usufruirne».

Pellegrino ha poi raccontato l’esperienza della Regione Lazio, «tra le prime se non l’unica ad «istituire una Camera di conciliazione per intervenire in sede stragiudiziale sui disservizi pubblici, istituita proprio presso l’Istituto Jemolo». La refrattarietà denunciata prima «si può toccare con mano se pensiamo che questa Camera di conciliazione fu possibile grazie ad una norma di sei o sette anni fa, ma ancora oggi siamo fermi nella fase sperimentale di startup». Ciò che è emerso è dunque la necessità di un cambio di paradigma «non solo per correggere i disservizi, ma anche per migliorare l’attività dei servizi pubblici». Secondo l’avvocato Gianluigi Pellegrino, dunque, «bisogna abbandonare la concezione che un ente non è abituato ad essere giudicato o sanzionato da nessuno, soprattutto se il suo agire si compone di tanti piccoli servizi o appunto disservizi, che essendo tali non si prestano all’attivazione della grande tutela». Il piccolo disservizio, infatti, «depotenzia gli stessi strumenti di tutela perché, oggi, per il singolo consumatore non vale la pena adire le vie giudiziali o stragiudiziali, in quanto attivare uno strumento di tutela finisce per non essere rapportabile al titolo di beneficio che il singolo consumatore va cercando». Da qui, dunque, l’importanza di quella «conquista civile che è la Class Action».

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